Collegio De Amicis: basta vendere?

Ci sono volute tre colonne di giornale – nella fattispecie il quotidiano “La Provincia” (vedi articolo qui sotto allegato) – per estorcere al Direttore della Fondazione Facec – proprietaria dell’area ex De Amicis a Cantù – il giudizio positivo circa i “contenuti significativi per la comunità della proposta progettuale inoltrata all’Amministrazione comunale dall’impresa Nessi & Majocchi e del Gruppo Immobiliare San Paolo. Eppure, sapendo della superficialità di lettura di molti dei pochi lettori di quotidiani, il citato giornale titola esattamente in questa direzione.

Leggendo attentamente l’articolo e tentando un’obiettiva interpretazione del dichiarato, sembra piuttosto di percorrere un’intervista sottesa da altra preoccupazione. Con buona pace della mia esperienza nulla in fatto di giornalismo e ben sapendo il meccanismo della disgiunzione tra cronisti e titolisti, avessi dovuto individuare una sintesi da sottotitolo avrei optato per qualcosa del tipo: non sono affari nostri. L’importante è vendere la proprietà.

Anzi, stando all’insistenza con sui il direttore Conti vuol far sembrare la totale estraneità agli “aspetti squisitamente urbanistici”, la completa neutralità rispetto alle valutazioni tecnico-burocratiche e “ai rapporti tra il proponente e l’Amministrazione”, abdicando al mio connaturale buonafedismo avrei potuto virare verso un più perentorio “ma a chi la racconta?”.

Non appartenendomi il vizio della dietrologia, opto per la lettura asettica. E mi chiedo: come può personaggio di tale caratura permettersi il non declinare i dettagli della valutazione della “pubblica utilità” del progetto? Come il gestore di un Ente di cotanta consistenza immobiliare, ma che ribadisce come la finalità della Fondazione sia “il fare scuola” quindi avulsa da operazioni, iter e magheggi burocratici, non esplicitare le coerenze individuate tra la proposta sul tavolo delle Commissioni comunali con la vocazione del De Amicis e della stessa Facec? Come sostenere le tesi, vista la valenza del progetto e per la portanza dell’operazione economica e culturale in gioco, sottraendosi dal fornire argomentazioni esplicative della fondatezza delle stesse? Come, ancora, affermare con ridicola vaghezza di aver “letto qualcosa” circa la raccolta firme promossa da cittadini canturini che oggi conta su 200 adesioni?

Per tutto ciò e altro ancora, che lascio volentieri a cospiratori e tramatori, l’intervista non può che essere veritieramente sintetizzata in quel “basta vendere”, immaginariamente da me grassettato nell’articolo citato. Forte anche delle perplessità espresse dalla Sindaco di Cantù in sede di Commissione quando ha riconosciuto “lo sbilanciamento” del progetto verso interesse privato. Inquietato anche dalle coerenze della Facec che, vale la pena ricordare, è la Fondazione Ambrosiana per la Cultura e l’Educazione Cattolica!

Comprendo le difficoltà che, sentendo il rammaricato Direttore Conti, pongono la Fondazione nell’impossibilità “di poter dare interventi su quell’insieme di immobili” e, quindi, nella condizione di dover “individuare un operatore qualificato che potesse proporre un progetto interessante”. Qualche difficoltà in più mi sorge dovendo comprendere i motivi che spingono una realtà voluta per gestire le copiose proprietà immobiliari della Diocesi ambrosiana, e a questa tutt’ora strettamente legata, a piegarsi a tutt’altra prospettiva di destinazione di ciò che per decenni ha costituito uno zenit educativo-formativo per centinaia di canturini e di abitanti il territorio limitrofo. Difficoltà che scemano al crescere del dubbio della remuneratività di questa faccenda e non volendo entrare nel merito di questioni ecclesiologico-etiche di più ampia portata.

A Conti, tuttavia, va riconosciuto un guizzo di pura sincerità. Augurarsi come proprietà “che questa operazione vada a buon fine anche per una ragione legata alle nostre attività istituzionali”, probabilmente riflette l’immagine veritiera di un quadro comprensibile, sicuramente legittimo, ma altrettanto di scarsa ambizione e ristretta visione. Almeno e sicuramente per la Città e per i canturini.

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