UE: la “Legge natura” passa, nonostante il “no” dell’Italia

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Lo scorso 17 giugno il Consiglio dell’Unione Europea ha adottato in via definitiva il Regolamento della cosiddetta “Legge Natura” (Nature Restoration Law) che impone ai 27 Stati membri di adottare norme adeguate a restaurare almeno il 20% dei territori terrestri e marini e rigenerare almeno il 30% degli ecosistemi considerati a rischio entro il 2030,

Dopo non facili negoziati tra i Ministri dell’Ambiente in sede di Consiglio UE e Parlamento europeo e nonostante l’opposizione di alcuni Governi, tra i quali purtroppo ancora una volta quello italiano, e di alcune associazioni di categoria, in particolare le rappresentanze del mondo agricolo, il voto decisivo dell’Austria ha sbloccato il risultato consentendo il raggiungimento della maggioranza di Paesi favorevoli necessario per l’entrata in vigore del Regolamento vincolante per tutti gli Stati membri.

Che la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti climatici siano una della, forse la, priorità di questo terzo millennio può sfuggire o addirittura essere contestata da chi sulle speculazioni ambientali ha costruito le proprie fortune o dai loro governanti conniventi. Ciò che forse è meno noto, sono i dati pubblicati dalla European Environment Agency. Ente di certo non etichettabile alla stregua delle utopistiche associazioni ambientaliste, come ritenute da certa politica arraffona, né dei sobillatori catastrofisti della sinistra facinorosa, come stigmatizzata da certa prezzolata economia neocon.

Secondo l’Agenzia europea, l’80% degli habitat naturali si trovano in cattivo stato; il 70% dei suoli in cattiva salute ed il 73% di quelli agricoli degradati; il 10% delle specie di api a rischio estinzione– a proposito del tanto famoso quanto ignorato monito di Einstein – lo stesso dicasi per le farfalle ; circa la metà di torbiere e dei prati permanenti in allarmante degrado; negli ultimi trent’anni il 30% delle farfalle scomparse e la popolazione aviaria selvatica in diminuzione del 36% … eccetera, eccetera, eccetera.

In questo quadro non proprio edificante e tantomeno rassicurante, viene da chiedersi come sia possibile che ancora resistano sacche di ignorante, arrogante, incomprensibile, irresponsabile grottesca e drammatica resistenza nell’affrontare risolutamente la situazione per noi stessi e per la nostra progenie. Ovviamente, la risposta del becero, redditizio, diffuso, irredento populismo non tarda ad arrivare. Anzi, proprio in virtù di questa, i tempi sempre più ristretti consentiti a un agire determinato per il bene di tutti e del pianeta si dilungano, si dilatano, diventano incerti, consentendo e connivendo con gli ultimi spiragli della redditizia spremitura alla massima potenza dei rimasugli di risorsa ancora presenti sul nostro pianeta.  Una risposta camuffata con la difesa degli interessi dei piccoli e deboli produttori agricoli; ammantata da una ragionevole progressività ritenuta sempre necessaria; mistificata con il non voler aggravare di ulteriori fardelli i già gravosi carichi dei “poveri cittadini”; brandita come scimitarra a difesa dal potere vessatorio di un Europa burocratizzata e distante dai suoi cittadini; rivendicata come inviolabilità di una sovranità nazional-popolare anche quando fondata su poco più di un quarto di chi in grado di intendere e di volere all’interno dei rispettivi Paesi.  

Il “no” dell’Italia, anzi del Governo che le è toccato, è stato corroborato con molte di queste giustificazioni e ancora altre pirotecnie tanto imbonitrici quanto traboccanti irresponsabilità verso le generazioni future e la salubrità di quelle presenti. Ma questa volta il cavallo di battaglia “cambieremo l’Europa”, aizzato ad ogni zoccolo battuto con gli speroni del millantato potere di influenza sulle decisioni dell’Unione, è stato azzoppato.

Quest’Europa che, finalmente, decide per il bene comune e impone maggiore responsabilità ai propri Membri ci piace. Quest’Europa che si comporta da adulta che doverosamente corregge le riottosità di qualche membro di famiglia ci convince. Quest’Europa capace di decidere e di muoversi all’unisono per salvaguardare i beni comuni, tutelare e promuovere i diritti, e quando necessario richiamare ai doveri anche a costo di qualche sacrificio è quella che vorremmo costruita. Per noi e per tutti.

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