MANIFESTO DEL TERZO SETTORE E DELLA SOCIETA’ CIVILE PER LO “IUS SCHOLAE”

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Redatto da VITA, settimanale di riferimento per il Terzo Settore italiano, il Manifesto per chiedere al Parlamento l’avvio di una discussione “seria” sul diritto allo “Ius Scholae” sta raccogliendo numerose adesioni da parte di significative realtà di Terzo Settore e di Società Civile. Dal CSI – l’associazione nazionale dello sport “oratoriano”- a Cittadinanza Attiva, passando per Confcooperative Federsolidarietà.

L’invito a sottoscrivere il Manifesto è ovviamente esteso a tutte le realtà organizzate della società civile utilizzando questo Link. Di seguito, il testo integrale del Manifesto.


MANIFESTO

La scuola è il luogo principale in cui si impara a vivere insieme, da uguali, nella diversità. È questo il senso di quella continua educazione alla cittadinanza che è lo stare in classe insieme e che tutti gli studenti e le studentesse fanno ogni giorno, quale che sia l’origine dei loro genitori. Riconoscere la cittadinanza italiana a chi ha compiuto un percorso nella scuola aumenterebbe in tanti giovani il senso di appartenenza al nostro Paese, rafforzando la volontà di costruire qui il loro futuro, con vantaggi per tutti. Significa credere nella scuola, negli insegnanti e nel loro ruolo.

Terzo settore e società civile chiedono al Parlamento di avviare seriamente il dibattito sullo Ius Scholae e di arrivare rapidamente ad approvare una norma.

Ecco le 5 ragioni per farlo.

1. Perché l’Italia è già multiculturale

Le classi sono lo specchio del Paese reale, di ciò che l’Italia è oggi. Nelle nostre scuole gli alunni con cittadinanza non italiana sono quasi 915mila, più di uno studente su dieci. Fra loro, ben 600mila sono nati in Italia e più di 300mila hanno già concluso con successo il primo ciclo di istruzione. E proprio a scuola è evidente che l’identità è soprattutto questione di incontri e di relazioni.

2. Per evitare ingiuste disparità tra adolescenti

I ragazzi con cittadinanza non italiana non sono “uguali in tutto ai loro coetanei tranne che nei diritti”, ma le differenze non possono diventare disuguaglianze legittimate. Per un adolescente che sta costruendo la propria identità, la mancanza della cittadinanza italiana ha conseguenze sulla maturazione del senso di appartenenza alla comunità in cui vive. Il riconoscimento della cittadinanza darebbe la percezione di essere parte integrante della comunità, limitando il rischio di “arroccamento” nel perimetro della comunità d’origine.

3. Perché ce lo chiedono l’economia e la competitività

Non avere la cittadinanza è un disincentivo ad immaginare in Italia il proprio futuro. Secondo un’indagine di Save the Children, pensa di trasferirsi all’estero il 58,7% degli adolescenti di seconda generazione che vivono in Italia: sono talenti su cui abbiamo investito risorse attraverso la scuola e che nel contesto demografico attuale non possiamo permetterci di perdere. Per non parlare degli effetti sugli aspetti economici, la tenuta del welfare, la competitività nello sport.

4. Perché crediamo nella scuola

Legare la cittadinanza alla scuola significa riconoscere la significatività e il valore di un percorso. La scuola come nessun altro luogo è di per sé un “allenamento alla cittadinanza”, mentre oggi viviamo il paradosso per cui in classe educhiamo questi ragazzi alla cittadinanza pur sapendo che molti di loro la cittadinanza non l’hanno e non l’avranno. Lo Ius Scholae è una scelta di fiducia anche verso la scuola e gli insegnanti.

5. Perché il Paese è pronto

Nel Paese il consenso allo Ius Scholae è molto trasversale: già nel 2022, quando in Parlamento la proposta affondò sotto il peso di 1.500 emendamenti presentati dalla Lega, un sondaggio di ActionAid disse che circa 6 italiani su 10 erano a favore. A sorpresa si dichiarava d’accordo anche il 58% degli elettori di Forza Italia, il 48% degli elettori della Lega e il 35% degli elettori di Fratelli d’Italia. Sondaggi recenti citati da Antonio Tajani dicono che oggi tra gli studenti l’80% è favorevole e tra gli adulti il 75%.

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