“Eco-vandali”? Per l’ONU sono “Difensori dei diritti umani e ambientali”

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Il Relatore Speciale delle Nazioni Unite sui Difensori dell’Ambiente ha pubblicato il suo Rapporto con il quale, senza mezzi termini, mette sotto accusa le misure adottate dai Governi europei nei confronti dei cosiddetti “eco-vandali”. L’argomento, mi rendo conto, è di quelli scottanti. Per questo merita qualche riflessione in più per non incorrere nella strumentalizzazione operata da taluni politici e mezzi di informazione e nelle semplificazioni indotte ad arte nell’opinione pubblica.   

Michel Forst, questo il nome dello “UN Special Rapporteur on Environmental Defenders under the Aarhus Convention”, si era già occupato dell’argomento relativamente alle repressioni e alle violazioni dei diritti fondamentali dei difensori dell’ambiente nei Paesi dei Sud del mondo. Giusto per capirci, ad esempio, indagando sugli assassini e sulle persecuzioni inflitte a rappresentanti dei popoli nativi dell’Amazzonia quando schieratisi contro la deforestazione selvaggia perpetrata dalle multinazionali energetiche ed agroalimentari o dei loro colleghi in Messico, Colombia, Filippine e in altri Paesi.

Lo scandalo, letteralmente parlando, di quei rapporti non è nulla in confronto a quanto asserito da Forst nei confronti delle recenti norme e misure adottate da alcune delle principali democrazie europee per contrastare, secondo lui intimidire, le manifestazioni di disobbedienza collettiva e le campagne di azione diretta promosse da ambientalisti europei. Forte delle dichiarazioni della Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, la bosniaca Dunja Mijatovic, schieratasi nettamente a difesa di chi manifesta per la difesa dell’ambiente, della Convenzione di Aarhus – sottoscritta da 46 Paesi centro-asiatici ed europei, Italia compresa,  e dalla stessa Commissione EU –  nonché della definizione dei diritti umani nella Carta fondamentale ONU che inequivocabilmente includono i diritti ambientali, Forst sostiene che “la repressione che stanno subendo in Europa gli attivisti ambientali che utilizzano la disobbedienza civile pacifica è una significativa minaccia per la democrazia e per i diritti umani” e che “l’unica risposta legittima all’attivismo ambientalista pacifico sta nel realizzare da parte delle autorità, dei media e del pubblico, come essenziale per noi, tutti ciò che i difensori ambientali hanno da dire.

I casi circostanziati nel Rapporto sono svariati:  abusi ed arresti indiscriminati da parte delle forze di polizia (in Francia, Spagna, Danimarca, Portogallo e Italia); brutalità della polizia ed abusi delle autorità nel corso di proteste (in Portogallo, Polonia, Spagna, Francia, Germania, Austria, Finlandia, Olanda); abusi su attivisti in stato di custodia (in Polonia, Germania, Portogallo, Spagna, Danimarca, Finlandia); criminalizzazione di movimenti quali LetzeGeneration in Austria e Germania o Soulevements de la Terre in Francia; inasprimento delle pene (Spagna, Danimarca, Francia, Germania, Italia, Polonia, Svezia).

All’Italia il Rapporto dedica un intero paragrafo proprio in merito al problema dell’inasprimento delle pene. Citando il nostro Paese come esempio eloquente di questa tendenza, a pagina 10 del Rapporto Forst non risparmia accuse alla recente Legge voluta dal Ministro Salvini con la quale, notoriamente, il Governo si prefigge un accanimento sanzionatorio e repressivo contro le persone da lui definite “eco-vandali” o “eco-criminali”. E per scongiurare il rischio di interpretazioni arbitrarie, il Relatore speciale chiaramente include “l’aver utilizzato vernice lavabile su statue, vetri protettivi e quadri” tra le azioni di disobbedienza pacifica non perseguibili, tanto meno con reclusione fino a sei mesi o con sanzioni pecuniarie “spropositate”, come previsto dalla citata legge.

La logica alla base del Rapporto, sta nella perentoria constatazione di come le reticenze dei Governi nell’adottare misure drastiche di contrasto ai cambiamenti climatici e al deterioramento dell’ambiente, nonostante l’ormai scientificamente provata urgenza di agire in tal senso, siano inammissibili e giustificanti le azioni attive degli ambientalisti, purché rigorosamente contenute nell’alveo della non violenza, tese a garantire una reale partecipazione alle decisioni in materia di politiche ambientali come previsto all’articolo 8 della citata Convenzione di Aarhus.

Insomma, quello che emerge dall’autorevole Rapporto ONU sembra riconducibile alla ingiusta e ingiustificata impunità dei Governi non rispettosi degli impegni assunti ratificando convenzioni, accordi e patti internazionali, per di più aggravata dall’inasprimento repressivo e punitivo nei confronti di chi semplicemente richiama loro tali doveri.  Verrebbe da citare l’adagio “a mali estremi”, e in questo caso non vi è dubbio alcuno riferibile alla inazione dei decisori rispetto alla tutela del nostro pianeta, “estremi rimedi”, altrettanto indubitabilmente riconducibile ad azioni così estreme da indurre un facile rischio di rigetto popolar-populista.  

A non far sembrare il Relatore speciale delle Nazioni Unite un pazzo visionario o un irresponsabile fiancheggiatore degli “eco-criminali”, come possibile per una certa inclinazione dell’opinione pubblica facilmente influenzabile dalla disinformazione di massa, vengono in soccorso alcune recenti sentenze pronunciate da Tribunali italiani – e qui mi rendo conto di toccare un altro tasto scottante – con le quali la giurisprudenza ha di fatto dato ragione alle tesi sostenute nel Rapporto. Come nel caso del processo intentato per le azioni svolte da ambientalisti agli Uffizi di Firenze o per le manifestazioni “non autorizzate” a Bologna: nel primo caso i giudici hanno deciso per il non luogo a procedere, nel secondo sentenziando una netta assoluzione per “aver agito secondo principi etici e morali”. Un pronunciamento, quest’ultimo, che ridà piena legittimazione alle azioni condotte e perfino un’implicita sollecitazione a proseguire nella medesima direzione.

Sempre che, come auspicabile, etica e morale siano poste a fondamento dell’agire dei Governi, della politica, delle comunità e degli individui.

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