Criminalità giovanile: se la repressione scalza la comprensione

Gli atti vandalici dell’altro ieri notte in via Matteotti, il bullismo alle giostre, le scorribande delle baby-gang, sono episodi tanto esecrabili quanto sintomi di una Cantù cambiata fino a confrontarsi con il buono e il brutto di città di maggiori dimensioni. Per questo la politica deve profondamente modificare le prospettive di lettura ed interpretazione della realtà cittadina e assumersi gli oneri di governare la complessità dell’oggi non più riconducibile a idilliache nostalgie passate.

Ci sono due approcci diversi nel farlo. Rimpolpare gli organici delle forze dell’ordine locali; dotarli di nuove armi tecnologiche e ingiustificati mezzi di pronto intervento; installare altri “occhi” (e siamo già a 150!) ad ogni angolo di strada; sollecitare le ronde di quartiere e via discorrendo. Oppure, non necessariamente in alternativa, riflettere sulla totale assenza nel Piano di Zona vigente di qualsivoglia accenno a politiche giovanili pro-attive (chieste a gran voce ai tavoli di consultazione con la società civile); pre-occuparsi delle sacche di disagio socio-economico sempre più gonfie di esasperato rifiuto della convivenza civile; mobilitare risorse economiche per includere le marginalità crescenti in misura equiparabile a quelle allocate per orientare ed informare chi già inserito e parte del convitto, e via di questo passo.

Quello Stato che “non indietreggerà mai”, rivendicato dal Sottosegretario di Stato canturino, pronto ad una “repressione durissima”, annunciata con inquietante linguaggio squadrista dalle colonne de “La Provincia”, potrebbe non indietreggiare anche nella messa a bando dei posti per il Servizio Civile dei giovani, ieri l’altro decurtati dal suo Governo di 20mila unità per il 2024.

Sono le differenze tra le scelte utili in vista di giugno o di quelle da compiere in vista del futuro della nostra Città e del nostro Paese.

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