La strategia di “Cetto”
Scriveva padre Simone, qualche anno fa su la “Civiltà Cattolica”, che l’azimut dell’agire politico, sempre che la politica ancora rivesta il senso di servizio alla comunità, sta nel decidere le priorità trovandosi a scegliere tra la legittima richiesta del ghiottone di poter mangiare ostriche e l’altrettanto legittima necessità del disabile di veder abbattute le barriere architettoniche.
Treni troppo giganti e coi piedi di argilla, corse cancellate e miraggi sostitutivi, autobus fantasma e pendolari appiedati, polveri sottili e traffico al collasso, serrande abbassate e appartamenti sfitti, verde sotterrato da coltri di cemento o strapazzato da incuria e abbandono, piazze lastricate di scivolosa bruttezza e belvederi sfregiati da ingordigia palazzinara. La città sta morendo. Per stessa laconica ammissione di qualcuno.
Trenini addobbati, piste di ghiaccio luccicanti, giubiane e befane, falò e luminarie, palloncini e maratone, lustrini e paillette, presepi e fiere, pizzi, cazzi e mazzi. La città è viva. Per starnazzante compiacimento di qualcun altro.
Tutti, all’unisono, sventolando cambiali in scadenza contratte da altri, singhiozzando ai tagli inferti da romana ladroneria e sognando di miracolose imprese negate da imposta indigenza.
Se tali asserzioni giungono dalla medesima squadra, Gigi Proietti lo chiamerebbe un tirare a “ndo cojo cojo”, quando non in tribuna; ubriachi del privilegio di scegliere per l’oggi incuranti del domani; di abbuffarsi di consenso come se domani non ci fosse.
Cetto Laqualunque tragicomicamente svetta su padre Simone!! “Cchiù pilu pe’ tutti” placa ghiottoni e disabili. Per un tempo.