A Cernobbio, Tajani come Moshe Dayan

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Bisognerebbe aumentare la spesa militare ……. La strategia militare è strategia di politica estera …. è strategia di pace, non di guerra …. L’Europa ha bisogno di più difesa ed eserciti …. ”. L’intervento del Ministro degli Esteri e della Cooperazione Antonio Tajani mi ha richiamato alla mente un altro Ministro. Di altra epoca, certo, ma che sosteneva le stesse tesi oggi riecheggiate a Villa d’Este. Viste le strategie convergenti e ancora di moda, non vorrei che, come nella patria di Moshe Dayan, ci aspettasse mezzo secolo di guerra, guerriglia e terrorismo come quelli mai sopiti nella martoriata Terra Santa.

Noi meno giovani ricordiamo fin troppo bene l’israeliano terribile: Capo di Stato maggiore dell’esercito, Ministro dell’agricoltura e poi della Difesa, mandato durante il quale si fregiò della vittoria lampo nella “Guerra dei sei giorni”, infine Ministro degli Esteri: Moshe Dayan è sempre stato il leader osannato ed emulato dai “falchi” che hanno influenzato, corrotto e dominato l’azione dei diversi Governi succedutisi in Israele dalla seconda guerra mondiale alla fine degli anni ’70.

Molti di più lo ricordano per quella benda sull’occhio sinistro, sinistramente nera, forse causa del vedere le situazioni e individuare le soluzioni unicamente da un solo lato, in un’unica prospettiva limitata. Menomazione che, pur senza occhio impedito, sembra aver interessato anche il nostro Ministro Antonio Tajani. Almeno per due o tre diserzioni esposte al gotha economico e finanziar-politico riunito in questi giorni a Villa d’Este per il Forum Ambrosetti.    

La prima riguardo la reiterata prospettiva di aumentare le spese per la difesa che, giusto per avere dei riferimenti, ammicca alla richiesta NATO avanzata ai suoi Stati membri di portarla al 2% dei rispettivi PIL. Per l’Italia, significherebbe passare dagli attuali 26.5 miliardi di Euro (800 milioni in aumento rispetto al 2022) a 38 miliardi/anno o, se si vuole, 104 milioni di Euro al giorno pari al doppio di quanto allocato nel 2019.

Definendosi depositario dell’eredità di Berlusconi, come a conclusione del suo intervento a Cernobbio, Tajani dovrebbe rammentare che a fronte delle “malefatte”, delle bravate e perfino delle accuse giudiziarie, il precedente alfiere di Forza Italia ha sempre sbandierato il mandato ricevuto dal popolo italiano e il consenso popolare ottenuto ai seggi elettorali. Volendo rimanere nel solco del Cavaliere, il Ministro dovrebbe considerare che, secondo un sondaggio SWG realizzato nel 2022, gli italiani si sono espressi al 57% contro un aumento delle spese militari. Maggioranza risicata, ma corroborata da un infimo 27% di favorevoli. Il restante 16%, essendosi italianamente trincerati dietro il classico “non saprei”.

In secondo luogo, questa volta suscitando la mia approvazione, il Ministro ha esplicitato la necessità di uno svincolamento dalla (pre) potenza statunitense, spingendo per soddisfare la necessità strategica di una più efficace “difesa europea”. L’argomento, a dire il vero, è tutt’altro che inedito. Da anni, precisamente dagli ’80, il dibattito su di una maggiore integrazione degli strumenti e delle strategie di difesa del nostro continente si trascina tra le resistenze di alcuni Stati membri più forti, gli impegni disattesi di quelli meno determinanti e le contradditorie contrarietà dei “nuovi” Stati nazionalisti, ma pronti ad invocare USA e NATO ad ogni piè sospinto. Il sogno di un esercito europeo, a questo punto difficile definirlo diversamente visto che nemmeno il Ministro lo prende in considerazione, affiancato da un Corpo Civile di Pace europeo, come proposto dal compianto Alex Langher già nel 1995 in piena crisi della ex Yugoslavia, dovrà essere consegnato a qualche creatore di favole scatenanti le fantasie degli odierni infanti che, fortunatamente, a volte riescono anche a realizzarle (noi, intanto, continuiamo a raccontarle tutte le sere, come da buoni, amorevoli vecchi malati della nostalgia di ciò che non hanno saputo concretizzare nella loro vita). Magari, giusto per citare un’opportunità ghiotta che dovrebbe tranquillizzare Tajani sul “dove trovare le risorse” ed eviterebbe a noi di subire ulteriori tagli ai servizi, alla sanità, a pensioni e stipendi e al sociale, non tralasciando di raccontar loro che un esercito europeo porterebbe ad un risparmio stimato tra i 40 e i 130 miliardi/anno.

In merito, l’attuale portabandiera forzista può dormire sonni profondi: secondo i dati del 2022 pubblicati da Eurobarometro, l’81% della popolazione dell’UE è favorevole a una politica comune di difesa e sicurezza, con almeno due terzi di sostegno in ogni paese. Circa il 93% è concorde sull’importanza di agire insieme per difendere il territorio dell’UE, mentre l’85% ritiene che la cooperazione in ambito difensivo debba essere potenziata a livello dell’UE.

In terza battuta, qui si evince nettamente la monocularità del Ministro, occorrerebbe ricordargli di essere oltre che Ministro degli Affari Esteri, anche della Cooperazione internazionale che, per storia consolidata e cultura conquistata, nel nostro Paese vede la cooperazione allo sviluppo sostenibile dei Paesi impoveriti dei Sud del mondo  parte integrante e costituente la politica estera nazionale.  

Riconoscendo a Tajani l’aver ampiamente illustrato, con competenza e determinazione leaderistiche, le strategie di Governo, al netto delle discordanze ancora evidenziatesi a Cernobbio tra i colonnelli di maggioranza, per l’affermazione dell’Italia come partner significativo sullo scacchiere economico-commerciale globale e in vista di migliori “affari esteri”, confesso lo sconcerto per l’assoluta partigianeria e per il ridotto campo di veduta (manaccia quella benda!) in merito alla totale assenza di qualsivoglia riferimento alla seconda componente del suo dicastero: la cooperazione allo sviluppo.

Può essere che, come da lui asserito, l’industria della difesa produce tecnologia utile alla protezione civile, nelle calamità naturali, perfino nei soccorsi in mare a favore dei disperati passeggeri dei barconi. Forse non solo e non prioritariamente a quello. Tuttavia, affermare che i soccorsi in mare, l’intervento in Palestina (che farebbe onore al Ministro chiamare “Territori occupati”) e porsi retorica domanda su chi aiuta lo sviluppo in Africa riconoscendo il tutto ai militari, Guardia di Finanza, Marina militare e Guardia Costiera, va oltre ogni accettabile immaginario e dignitoso ruolo del rappresentante all’estero degli italiani. Piegare la retorica alla platea, di certo poco simpatetica, propensa o solo avvezza alle associazioni dei volontari, alle ONG e migliaia di italiani che in Africa, nel Mediterraneo e ogni dove operano al fianco delle popolazioni locali e in nome della solidarietà italiana per uno sviluppo dal volto umano, non solo economico, emana affabulazione e mistificazione strumentale di una ben conosciuta rincorsa al consenso.

Ministro Tajani: lei è Ministro di tutti gli italiani, le piaccia o meno. Anche di quelli che a 5 Km di distanza e in contemporanea, a Como hanno discusso delle stesse problematiche, del futuro dell’Italia nella “Altra Cernobbio”. Nessuno, nemmeno Lei, li ha degnati di una citazione, figuriamoci di una consultazione. Eppure, sono italiani, che hanno a cuore il Paese sapendo di non poterlo pensare avulso da un destino globale di tutti e non solo di quelli che pretendono determinarlo con la forza dei soldi e dei kalashnikov. Lì, nello spazio ARCI presso la Parrocchia di Rebbio, c’era chi convinto che non occorre solo “non apparire come predatori”: questo lo lasciano alle chiose dei suoi discorsi e alla deferenza della selezionata, plaudente platea estense. Loro, almeno tentano di esserlo. Si tolga la benda e guardi anche nell’altra direzione.

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