Latte: stiamo dalla parte degli agricoltori
Con decisione unilaterale, LACTALIS ha deciso di ridurre il prezzo del latte pagato “alla stalla”. Per questo, COLDIRETTI, che con il suo 1,5 milioni di Soci rimane la più numerosa Associazione di categoria italiana, ha deciso di denunciare la multinazionale francese.
Forse il marchio LACTALIS non dice molto. Ma se consideriamo che questo impero economico d’Oltralpe, negli anni ha acquistato aziende come Ambrosi, Parmalat, Locatelli, Invernizzi, Galbani, Cadermartori, Scaldasole e, recentemente, Nuova Castelli – azienda leader nell’esportazione del Parmigiano Reggiano – e che oggi controlla circa 1/3 del mercato lattiero-caseario italiano, possiamo renderci ben conto dell’impatto di una simile, inaccettabile e illegittima decisione.
Ai sensi di una direttiva della Unione Europea, infatti, tra le 16 “pratiche sleali” perseguibili a termini di legge, vi è appunto la riduzione unilaterale del prezzo pagato ai produttori in vigenza di contratto. Il contratto in vigore stipulato gli agricoltori che conferiscono la produzione di latte alle centrali di raccolta dei marchi sopra citati fissa ad Euro 57 il prezzo al litro di ritiro alla stalla, contro i 52 che oggi LACTALIS ha deciso di pagare.
Ai non addetti ai lavori potrebbe sembrare cosa di poco conto. Ma sapendo che la remunerazione delle produzioni agricole, latte compreso, copre a mala pena i costi di produzione; considerando che i 2/3 del valore aggiunto derivante dalla commercializzazione delle derrate alimentari è appannaggio delle industrie di trasformazione e delle società di commercializzazione e pubblicitarie, come si può facilmente desumere dal confronto del prezzo da tutti noi pagato per l’acquisto del latte con i numeri sopra esposti; aggiungendovi come la gran parte dei rischi di impresa siano assunti dai produttori ….. allora si può meglio comprendere la portata del problema. Tanto da indurre la più grande Associazione di produttori ad imbarcarsi in un iter giudiziario dall’esito incerto, vista la potenza della parte chiamata in causa, e dai tempi lunghi e costi certamente elevati.
Esprimendo la solidarietà con chi, ancora una volta, è in balia dei potentati economico-finanziari, in particolare con le migliaia di piccoli produttori e di piccole aziende a conduzione familiare che rappresentano la stragrande maggioranza delle aziende agricole del nostro Paese, mi preme condividere due riflessioni immediatamente sorte al leggere della notizia.
In primis, partendo dal confessare la stupidità e la pigrizia connivente che caratterizza il nostro, ed il mio, modo di fare acquisti. Per comodità; un po’ ammaliati da false pubblicità; un tantino per colpevole disinformazione; a volte per anteporre il nostro interesse ad ogni altra considerazione … comperando latte, magari “a lunga”, spesso inutilmente additivato e proveniente da chilometri di distanza, altro non facciamo che avvallare i meccanismi di massimizzazione del profitto, unico obiettivo perseguito dalle multinazionali dell’agro-business.
Oramai in moltissimi contesti disponiamo di distributori di latte installati direttamente presso le aziende produttrici, a distanze paragonabili a quelle percorse per recarci ai centri commerciali peraltro senza incappare nella bolgia e nel traffico dell’acquisto compulsivo. Avremmo latte che costa meno e più buono – a patto di riabituarci per un breve periodo al suo sapore autentico cancellato dalle centinaia di litri di “succedanei” ingeriti nella nostra vita; contribuiremmo alla giusta remunerazione del lavoro, non certo leggero, dei produttori; apporteremmo fattivamente, non solo teoricamente, un pur piccolo contributo alla salvaguardia di quel patrimonio culturale ed ambientale costituto dall’agricoltura; infileremmo un minuscolo granello di sabbia nel mostruoso ingranaggio della mercificazione del cibo sapendo che, ogni tanto, basta a bloccarne il funzionamento. Soprattutto, quando i granelli diventano numerosi e infrapposti contemporaneamente.
Da secondo, ricordando alla stessa CODLIRETTI che chi di spada ferisce……. Lo faccio evocando l’accordo che l’Associazione ha stipulato nel 2018 con McDonald’s. Con beneficio d’inventario delle migliori intenzioni, tuttavia, iniziative di questo tipo prestano indubbiamente il fianco ad operazioni di “riciclaggio” e di “greenwashing”, termine sempre più utilizzato per descrivere l’insussistenza, a volte della falsità, delle politiche di rispetto ambientale e sociale delle multinazionali adottate giusto per “lavarsi la faccia” di fronte all’opinione pubblica. Difendere “l’italianità” delle filiere agricole, l’obiettivo posto alla base dell’accordo e del tutto condivisibile, non può pagare il prezzo di alleanze fatte con soggetti che in Italia e ancor più in altri Paesi calpestano i diritti dei lavoratori, i diritti della terra e delle comunità e praticano una perniciosa omogenizzazione globale delle culture e delle tradizioni. Soggetti che, come nel caso di LACTALIS, non si fanno il benché minimo scrupolo ad “ottimizzare” i guadagni e le rendite anche passando sopra la pelle delle persone.
Giochi troppo alti per noi? Cosa ci posso fare io? Le cose sono sempre andate così? Forse è il momento di provare ad iniziare a fare la nostra parte, senza attendere che inizi qualcun altro. Ognuno per quanto gli è possibile. Per quanto gli è dato.