Salvini contro don Ciotti: ignoranza e volgarità imbarazzanti

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Ciò che più colpisce delle polemiche scoppiate tra il Ministro Salvini e don Luigi Ciotti a proposito del ponte sullo stretto, è la quasi totale assenza della notizia e dei relativi commenti su di una parte degli organi di informazione nazionali.

Per chi fosse incappato nella citata parzialità informativa, ricordo che lo scontro è deflagrato dopo le dichiarazioni di don Ciotti, rilasciate giorni orsono in una intervista al Corriere di Calabria, secondo il quale “il Ponte sullo Stretto non unirà solo due coste, ma certamente due cosche”, in reazione alle quali il Ministro e Segretario leghista ha urlato in Aula che “Mi ha fatto specie leggere sui giornali le parole di un signore in tonaca che ha detto che il Ponte più che unire due coste unirà due cosche, queste parole sono di una volgarità, ignoranza e superficialità senza confini ….. se espatria fa un favore a tutti”.

Mi fa specie, in quanto abituato a leggere fonti di informazioni di diversa matrice culturale, il fatto che sui media, in questo caso, ho trovato unicamente le irritazioni, le indignazioni e le numerosissime manifestazioni di solidarietà a “quel signore in tonaca” che da anni simboleggia la lotta alle mafie nel nostro Paese in reazione alle illazioni offensive pronunciate in Parlamento dal Ministro. Nemmeno una riga, al contrario, che riportasse le critiche, i dileggiamenti e gli infangamenti sempre ritrovati in analoghe situazioni negli scritti di opinionisti e scribacchini di diverso convincimento.

Le mie frequentazioni con don Luigi, consolidatesi in anni di battaglie condivise nei diversi contesti dell’impegno sociale, delle manifestazioni per la pace, della lotta alla droga, della legalità e della difesa dei diritti umani, mi trattengono dall’unirmi al coro unanime delle persone per bene, conosciute e incontrate in ogni schieramento cultural-politico, giustamente e coralmente espressesi al suo fianco. Sarebbe per me ridondante, superfluo e irrispettoso nei confronti di un curriculum di serietà, di impegno, di rischio giocato in prima fila e in prima persona, già ampiamente compilato da don Luigi con il suo mai tirarsi indietro. Anche quando molti di noi avrebbero ceduto alla comprensibile difesa della propria incolumità.

Il Gruppo Abele; le decine di comunità aperte in risposta ai trafficanti della morte stupefacente; Libera; le case di accoglienza per i derelitti del nostro tempo; le botteghe e gli esercizi avviati e gestiti per ridare un’occasione di dignità a chi “ha sbagliato”; le manifestazioni in favore dei testimoni di mafia e, ancor di più, la loro difesa; le prese di posizione al fianco dei resistenti alla cavezza del “pizzo”, non di quello di stato, bensì di quello che se non versato ti fa saltare la vetrina del negozio, quando non direttamente la testa tua e dei tuoi cari …. e chissà cos’altro ancora in gestazione nella profetica esuberanza di don Luigi, sono opere e scelte di vita che parlano da sé.

Per questo mi ha sbalordito la rinuncia evidente di certi media nel cogliere un’imperdibile occasione per attaccare un “avversario” di tale levatura e rilevanza; di non addentare una siffatta ghiottoneria per posare un altro mattone della propaganda diffamatoria e clientelare. Così è sempre stato: come nel caso degli attacchi nei confronti del “tonacato” don Luigi quando schieratosi a favore dei salvataggi ONG nel Mediterraneo; quando in prima fila con il movimento per la pace a tutte le edizioni della Marcia Perugia-Assisi; in occasione delle sue partecipazioni a manifestazioni sindacali e di difesa dei diritti umani; a convegni e assise di denuncia e condanna dell’inazione nei confronti dei più deboli. Tutte circostanze nelle quali, esattamente come nel caso delle ultime dichiarazioni in merito ai rischi di infiltrazioni mafiose nella realizzazione del ponte sullo stretto, le parole di don Luigi non hanno mai inceduto a mediazioni, cautele o, tanto meno, ponderazioni di circostanza. Perché don Luigi è un prete che sta al fianco degli ultimi, non un politico ammaliatore dei propri ed altrui elettori.

A meno che non si possa darne una lettura diversa. Quella per cui quando gli eccessi di protagonismo, le parole sopra-riga, le posizioni indifendibili, gli insulti offensivi e falsi all’onestà delle persone, i colpi bassi inferti alla loro coerenza, i giudizi indirizzati alla persona, prendono il sopravvento scalzando le valutazioni e le argomentazioni di merito che, in democrazia, avrebbe tutta la legittimità di essere discusso, è allora che, finalmente parrebbe, anche i vassalli si defilano dalla protervia del feudatario. Forse anche i sovrani, anch’essi sino ad ora imbarazzatamente taciturni.

Che sia un primo auspicato segnale di rinvigorimento di un’informazione seria, servizievole, utile alla formazione di pensiero consapevole e più coerente con le proprie finalità? Può essere un primo indicatore di insofferenza verso la politica gridata? Un ulteriore confermabile indizio della nausea provata per arroganti personalismi alla riconquista di visibilità offuscata? Per “una volgarità, ignoranza e superficialità senza confini” di nostri rappresentanti istituzionali?

Risvegliare capacità di analisi e coscienza critica delle persone è l’unico antidoto somministrabile di fronte alla pericolosa partigianeria alimentata dall’emotività, dalle paure, dai piccoli e grandi favoreggiamenti offerti a breve termine cavalcati da certa politica; è la sola ricetta per guarire il declino culturale di un Paese piegato alla superficialità sconfinante nel non-senso e nella vacuità delle sciocchezze urlate da chi inebriatosi al banchetto di vittoria.

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