Migranti: non è vero che l’Italia ha “le carte in regola”

A conclusione della Conferenza Internazionali su sviluppo e migrazioni ospitata a Roma dal Governo italiano per trattare del problema delle migrazioni con i Paesi del Mediterraneo, la Premier Meloni ha dichiarato in conferenza stampa che “l’Italia ha le carte in regola” per giocare un ruolo leader nella soluzione del problema.

Lotta ai trafficanti di esseri umani; governo dell’immigrazione illegale; incremento del commercio – che oggi si attesta su circa 70 miliardi di Euro secondo la Premier-; condanna del mancato rinnovo dell’accordo sul grano da parte della Russia – che “affama l’Africa e offende l’umanità” -; riconoscimento del “bisogno” di mano d’opera migrante – finalmente ammesso anche da chi fino a ieri inneggiava alla difesa della cultura etnica italiana allarmando sulla ipotetica “sostituzione etnica – sono senza dubbio affermazioni condivisibili, giuste e meritorie.

Ciò che al contrario non torna, è l’affermazione della Premier rispetto all’avere le carte in regola per candidarsi a guida del processo di governance del fenomeno.

Se, come ammesso dalla stessa Meloni, la soluzione del problema va indirizzata a rimuovere le cause della migrazione di migliaia di persone che, a rischio della propria vita, sfidano ogni sorta di angherie, si soprusi, di violazione dei diritti fondamentali, di torture, di detenzione in disumani centri di raccolta sulle costa sud del mare nostrum, di possibili stupri e violenze da parte delle forze “dell’ordine” che presidiano i luoghi di imbarco, di possibile morte nell’attraversata in mare, di condizioni infraumane di permanenza nei centri di accoglienza organizzati nel nostro Paese, occorre verificare quanto sta facendo in merito l’Italia.

Gli stanziamenti di risorse economiche per lo sviluppo dei Paesi impoveriti dei Sud del mondo, sono ancora scandalosamente grandemente al di sotto di quanto ritenuto necessario e, peraltro, di quanto sottoscritto dall’Italia nelle competenti sedi della comunità internazionale. Da oltre 50anni, infatti, le stime della Banca Mondiale – non di sedicenti ONG accusate ora di complicità con i trafficanti, ora di antagonismo al Governo di turno – per affrontare con adeguatezza il problema della povertà e della miseria nel mondo, chiederebbero ai Paesi sviluppati – per la precisione ai Paesi più industrializzati aderenti alla OCSE – di stanziare lo 0,7% dei rispettivi PIL per la cooperazione allo sviluppo.

Gli ultimi dati relativi al nostro Paese, compresi quelli leggermente incrementali della Legge di Bilancio 2023, rappresentano chiaramente una colpevole e reiterata inadempienza.  Dopo il periodo speranzoso che  a metà degli anni 90 ne ha interrotto la crescita, quando lo stanziamento per questo capitolo di bilancio ha raggiunto lo 0.34%, ovvero il 50% rispetto all’obiettivo teoricamente condiviso, le risorse allocate dall’Italia si limitano ad un inaccettabile 0,31% comprensivi delle risorse utilizzate in Italia per l’accoglienza dei migranti e, quindi, non destinati alla rimozione delle cause evocate dalla Meloni.

In siffatta situazione, affermare di “avere le carte in regola” rimbalza la questione di quali siano i parametri e i criteri di riferimento per simili asserzioni. Sempre che, come da tempo ci siamo abituati, non siano quelli degli slogan propagandistici ai quali siamo stati abituati da un incitamento di tifoserie conquistate sulla base della pigrizia di verificare i dati e irretite dagli Ultras-capi curva.

Tuttavia, ma sinceramente senza grande convinzione, proviamo ancora una volta a dare credito alla Premier ultras, oggi apparentemente convertita al ruolo di governo, quando afferma nella stessa conferenza stampa citata: “Dobbiamo rafforzare le iniziative contro la povertà, il tema della cooperazione è il più importante”.

A patto di avere memoria e di essere in grado di verificarne la coerenza da qui alla prossima Legge di Bilancio. Da qui e in vista della prossima scadenza elettorale.

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