Cambiamenti climatici tra delusioni e speranze

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I recenti accadimenti in materia di lotta ai cambiamenti climatici sono alquanto contraddittori: a fronte di imbarazzanti delusioni per le decisioni dei decisori e della politica, le scelte quotidiane di persone e comunità lasciano intravvedere la speranza di un futuro sostenibile.

Nel mezzo, gesti di rabbia, di insofferenza, di vera e propria insopportazione che in nome di un fine più che condivisibile rischiano un effetto boomerang provocando reazioni negative che ne vanificano l’efficacia.

Procediamo per ordine.

La delusione e il rammarico per i risultati minimali della COP 27 (per esteso la “Conferenza delle Parti fra i Paesi che hanno ratificato la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici”, in gergo la Conferenza Mondiale sul Clima) deriva dall’ennesimo tergiversare della politica internazionale. Nonostante siano ormai in via di estinzione i cosiddetti “negazionisti” (cioè quegli scienziati che, da buoni prezzolati dalle multinazionali energetiche, ancora propinano la ciclicità naturale dei cambiamenti negando la natura antropica degli stessi) le lobby petrolifere condizionano la politica al punto di impedire l’assunzione di impegni drastici, urgenti e concreti per bloccare il corso di una tragedia annunciata. I pannicelli caldi approvati alla COP 27, tenutasi a Sharm el-Sheikh lo scorso dicembre, non bastano ad invertire la rotta e a prevedere strumenti e risorse commisurate all’inesorabile progredire del degrado climatico-ambientale. Unica luce accesa rimane la promessa, e per ora solo l’ennesima promessa, dello stanziamento del cosiddetto fondo “loss and damage per risarcire i Paesi impoveriti del Sud del mondo e sostenerli negli sforzi verso la transizione energetica.

Continuando così, come ammesso dallo stesso Segretario Generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, la posta in gioco è “o la borsa o la vita”: nostra e, soprattutto, delle generazioni a venire.

Ad aggravare le preoccupazioni per la malefica commistione tra affari e politica, ora ci si mette la nomina al ruolo di Presidente della prossima COP 28, che si svolgerà a Dubai e per la seconda volta di seguito in Paese tra i più grandi esportatori di petrolio, il CEO della Abu Dabi National Oil Company: la più grande compagnia petrolifera degli Emirati Arabi Uniti. Il Sultano al-Jaber, questo il nome del futuro Presidente, è anche Ministro dell’Industria e della Tecnologia, funzione che ha portato gli EAU a sostenere come egli sia nella miglior posizione per “plasmare l’agenda della Conferenza e i negoziati intergovernativi per creare consenso”. Ad onore del vero, va detto che la scelta del Presidente delle COP è esclusiva competenza del Paese ospite. Tuttavia, scegliere per due volta consecutive un Paese esportatore di petrolio e il tacito consenso della Comunità Internazionale restia ad esercitare le pressioni in altri casi pesantemente esercitate sul Governo ospitante, la dicono lunga, ahinoi, su come potrà andare anche questa volta.

Condividerete con me che un simile scenario possa provocare reazioni e azioni estreme da parte di chi, con impeto e impazienza giovanile, ha avviato forme di protesta altrettanto estreme. Dopo aver creduto nella buona volontà della politica, dopo aver constatato l’irretimento mediatico delle attiviste e degli attivisti “determinato-moderati” alla Greta Thumberg, ormai invitati in qualunque assise come siparietto buonista, altri hanno pensato bene di passare alla salsa di pomodoro e alle vernici lavabili gettate su oggetti iconici del potere e del perbenismo.

Purtroppo, il fine totalmente condivisibile di inchiodare alle loro responsabilità i decisori e di richiamare all’opinione pubblica la priorità assoluta della lotta ai cambiamenti climatici, rischia la vanificazione e, addirittura, di fornire un alibi per considerarli “nemici e criminali”. Come opportunamente riflette l’amico filosofo della non violenza Pasquale Pugliese, “temo che la troppa distanza tra i mezzi usati (prima della vernice lavabile sulla porta del Senato, la stessa sorte era stata riservata alle teche di famosi quadri di alcuni musei) e il fine da raggiungere – l’interesse e l’azione della politica e dell’opinione pubblica sulla crisi climatica (che è parte di una più ampia crisi sistemica globale) – e la specificità delle azioni, che attirano antipatia anziché simpatia, perché al limite dell’atto vandalico su beni pubblici (le opere d’arte, il Senato della Repubblica), siano contro-produttivi rispetto agli obbiettivi da realizzare. Credo che questo tipo di azioni – che portano l’attenzione di tutti sulle mani che imbrattano anziché sull’allarme che lanciano – danneggino l’obiettivo di sensibilizzare gli indifferenti e la politica sull’emergenza climatica, anziché supportarlo e fare pressione. Anzi forniscano al potere un alibi per indicare negli attivisti i nemici, anziché i difensori, del bene comune, criminalizzandoli. Come sta puntualmente avvenendo”.

Detto ciò, rimane la questione fondamentale di quale sia la strada efficace per affrontare e risolvere un problema di portata epocale, non rinviabile e determinante il futuro del pianeta.

A questo proposito viene in aiuto una piccola, quanto significativa, esperienza recentemente condotta da un piccolo paese della montagna piemontese. A Pessinetto, Giunta comunale e Sindaco, al suo terzo mandato, hanno deciso di giocarsi per il ripopolamento sostenibile di questo territorio marginale. In una intervista rilasciata a “Vita”, il Sindaco Togliatti ha dichiarato:” Nel 2016 con il nostro Gruppo di azione locale-Gal abbiamo fatto una strategia sulla filiera legno-energia. E dall’anno 2021-2022 abbiamo convertito le vecchie caldaie a gasolio del comune e delle scuole con quelle a “cippato”, una biomassa legnosa. Non dipendiamo più da una multinazionale, adesso c’è un’impresa del territorio che ha vinto la gara per 10 anni per fornire calore da cippato. Su questo abbiamo creato con il Gal una economia circolare sul territorio: non solo sono stati creati posti di lavoro, ma invece di spendere 16 mila euro in gasolio ne abbiamo spesi solo 6.5mila. Anche con l’utilizzo del fotovoltaico, adesso municipio e scuole hanno autonomia energetica.” Dichiarazioni supportate da un bilancio comunale coerente e coraggioso: le poche risorse, condizione ormai strutturale per tutti gli EE.LL. italiani, sono state allocate con il coraggio di un amministrare che in tale situazione decide chi e cosa privilegiare.  

Piccola cosa? Esempio marginale? Credo semplicemente che quanto fatto a Pessinetto, esempio delle numerose situazioni che fortunatamente si moltiplicano in Italia, dimostri che proteste, rimostranze e rivendicazioni abbiano effetto quando supportate dalla coerenza personale; che le grandi problematiche possano essere affrontate solo con la consapevolezza, la responsabilità e la partecipazione diffusa; che ciò che deve continuare a contraddistinguerci sia l’utopia programmata di non cedere alla rassegnazione e di credere che, a volte, un solo granello di sabbia inceppa ingranaggi giganteschi.

Forse non sarà il nostro granello; non sappiamo quale sarà quello giusto, né quando accadrà, ma comunque noi ce lo mettiamo.

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