19 novembre: Giornata mondiale DEI poveri

 / 

Sette anni fa, per volere di Papa Francesco, la Chiesa cattolica indisse la Giornata Mondiale dei Poveri. DEI poveri: non della povertà, non della lotta a questo scandalo del terzo millennio; non della carità filantropica esercitata purché non lesiva dei privilegi e degli statu quo dei ricchi. E’ la loro giornata.

E come per ogni “compleanno” ed ogni ricorrenza, il convivere civile, prima ancora che etico, vorrebbe che i festeggiati fossero messi al centro; divenissero destinatari di attenzioni e riconoscenze; ricevessero segni concreti dell’affetto che li circonda; si sentissero “a casa” tra commensali che gli vogliono bene. E perché la “festa” sia adeguata e all’altezza, è indispensabile avere contezza di chi e quanti sono.

Secondo ISTAT, nel 2022 sono 2.2 milioni le famiglie italiane – se si preferisce 52,7 milioni o il 9.7% della popolazione o più semplicemente un italiano su dieci – che vivono in condizioni di povertà assoluta. Sono 165mila famiglie e 357mila persone in più rispetto all’anno precedente. Sono soprattutto giovani (il 13.4%) in percentuale doppia rispetto agli anziani over 65 anni che si contano in un 6.3%; in quantità crescente se coppie con un figlio (6.6%), percentuale che si impenna al 20,7% quando di figli se ne hanno tre; correlati al titolo di studio che vede i laureati ad un confortante 4% contro il disarmante 13% delle licenze elementari e il 12 delle scuole medie; ovviamente, nel senso di facilmente immaginabile, in maniera preponderante stranieri le cui famiglie sprofondano nella povertà assoluta nel 33.2% dei casi.

A fronte di questi spietati numeri e in occasione della loro “festa”, sorgono irruentemente un paio di domande al quanto elementari: se, come abbiamo appreso a qualsiasi “scuola” economica frequentata, la crescita di un Paese non può prescindere dalla risoluzione del problema povertà e della disuguaglianza distributiva, pur considerando le difficoltà e le diverse capacità culinarie del cuoco, è poi così difficile intuire perlomeno gli ingredienti della ricetta del pranzo da approntare per i festeggiati? A cosa porta, come nel caso degli insulsi sondaggi ebdomadari sulle insignificanti variazioni percentuali dell’emotività elettorale rispetto ai partiti, l’accapigliarsi per la corretta stima delle previsioni di crescita del PIL nazionale, sempre più circoscritte attorno ad effimeri “0,0 ….” quando tali oscillazioni non intaccano minimamente l’enorme e crescente gap tra ricchezza e povertà in Italia? Ancora, qui prodest promuovere pannicelli caldi in guisa di surrogati emozional-elettorali al dilagare di una condizione eticamente inaccettabile ed economicamente fallimentare?

Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; e ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. Quanto lavoro abbiamo ancora davanti a noi perché queste parole diventino realtà, anche attraverso un serio ed efficace impegno politico e legislativo!”. A rivendicarlo non è il leader sindacale di turno, né un nuovo sedicente antagonista contemporaneo, bensì 60 anni orsono Papa Giovanni XXIII nella sua Pacem in Terris (n°6).

Tuttavia, visti i tempi che corrono e preoccupati dalle mal abitudini orami costume per buona parte delle persone, rianimare i convincimenti e le determinazioni proprie di chi, ieri come oggi, ha provato a metterci la faccia e a giocarsi in prima persona per cambiare le cose e raddrizzare le ingiustizie è compito essenziale, se ancora si crede che le ingiustizie siano il maggior ostacolo ad un futuro prospero per tutti. Compreso per chi che della prosperità già ne gode.

Lo afferma senza mezzi termini Papa Francesco nel Messaggio diramato oggi per la “festa” DEI poveri: “Delegare ad altri è facile; offrire del denaro perché altri facciano la carità è un gesto generoso; coinvolgersi in prima persona è la vocazione di ogni cristiano”. Mi permetto sommessamente di accodarmi con l’aggiunta della convinzione che ciò sia la vocazione di ogni uomo e ogni donna desideroso di vivere in un mondo migliore.

Credo fermamente che ciò travalichi schieramenti, posizioni e appartenenze schematizzate e costrette dentro steccati buoni solo ad avvallare l’arroganza e difendere i recinti privilegiati dell’opulente insensibilità. Vale per me sul piano etico; vale per tutti su quello economico; è buona regola nel calcolo delle probabilità dell’azzardo giocato sul tappeto verde di un futuro possibile. Prima che qualcuno progetti lo svaligiamento del casinò.

Iscriviti alla newsletter

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *