Auto elettriche: non basta! (2° puntata)

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La denuncia di Survival International non lascia scampo: un intero popolo, nella migliore delle ipotesi, sarà costretto a lasciare le proprie terre ancestrali in nome della estrazione del nichel necessario alla produzione delle batterie delle auto elettriche.

Il caso denunciato dalla ONG internazionale è quello del popolo Hongana Manyawa da sempre residente nell’isola di Halmahera situata nell’arcipelago indonesiano.  

La mortale congiunzione degli interessi del governo indonesiano con quelli delle industrie produttrici di autovetture, in primis la tanto elogiata Tesla, mette a rischio l’habitat di questa popolazione che, improvvisamente, si trova al centro del mirino del mondo produttivo occidentale interessato agli enormi profitti che deriveranno dallo sfruttamento dei giacimenti di nichel presenti nel sottosuolo dell’isola oggetto di una selvaggia deforestazione per procedere con l’estrazione del minerale, oggi diventato un vero e proprio tesoro.

Gli Hongana Manyawa, il “popolo della foresta” nella loro lingua madre, è una piccola comunità  di raccoglitori-cacciatori incontattata di circa 500 sopravvissuti che trae il proprio sostentamento dalle risorse della ricca foresta equatoriale dell’isola da sempre utilizzata per il reperimento delle risorse vitali di questo popolo.

Purtroppo per loro, sotto la lussureggiante vegetazione di questo angolo di mondo fino a poco tempo fa incontaminato, giacciono enormi riserve di nichel che, anche a seguito della proiezione della Unione europea di passare “all’auto elettrica entro il 2035, hanno immediatamente attirato gli investimenti della Tesla in combutta con i governi di Francia e Germania. Tesla, la francese Eramet (attraverso una reiterata triangolazione con Weda Bay Nichel), il colosso chimico tedesco BASF, hanno prontamente investito milioni di dollari per costruire una raffineria del nichel grezzo ad Halmaera che sarà collocata nel territorio di residenza degli Hongana Manyawa.

Dalle pagine di questo sito avevamo già detto dell’insufficienza della misura UE di transizione all’auto elettrica se non corredata da altrettanta responsabilità nei confronti dei destinatari ultimi dei costi di tale operazione. In altri termini, resto convinto dell’immoralità dell’esternalizzazione dei costi di questa decisione su altre comunità. Non possiamo più permetterci di scaricare gli effetti dei nostri “progressi” su territori e comunità altri.

Con il caso “Halmahera”, non oso pensare che qualcuno, nostalgico della ragion di stato, ci proponga come necessario il “sacrificio di sole 500 persone umane” per un “ben più nobile obiettivo”.

La negazione dei diritti di una ed una sola persona apre un vulnus incolmabile di qualsivoglia programmazione politica, economica, sociale e culturale.

Così come l’iniziativa di un solo individuo può modificare strutture e meccanismi complessi, come ampiamente dimostrato dalla storia, altrettanto la negazione dei diritti di un solo essere umano può condurre ad abominevoli soprusi e discriminazioni, come allo stesso modo ci dovrebbe insegnare la medesima storia, di be più ampia portata.

Mettere al centro la persona umana nelle scelte della quotidianità individuale o nei grandi riferimenti culturali della politica, significa considerare ogni e tutte le persone, a prescindere da qualsiasi caratterizzazione etnico-politica-culturale-religiosa-territoriale, come finalità ultima di tutte le scelte e di tutte le azioni. A meno che, come spesso constatato, questo non sia l’ennesima affermazione vuota e priva di sostanza declamata per ben più misere finalità.

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