L’Italia ratifichi il Trattato contro le armi nucleari
Un anno fa, il 22 gennaio 2021, entrava in vigore il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) …. purtroppo senza la ratifica dell’Italia.
Ancora a distanza di un anno, sebbene l’87% degli italiani si sia decisamente espressa a favore dell’adesione del nostro Paese (secondo un sondaggio realizzato nel novembre 2020 da YouGov), e nonostante un nutrito cartello di associazioni e organizzazioni internazionali e italiane abbia inoltrato appelli e mobilitato risorse per indurre il Governo a compiere questo passo, l’Italia rimane inspiegabilmente fuori dal coro.
A nulla, sino ad oggi, è servita la recente dichiarazione dei 5 Paesi membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite (Cina, Francia, Gran Bretagna, Russia e USA), che tra l’altro sono Paesi altamente “nuclearizzati”, nella quale si legge: “Affermiamo che una guerra nucleare non può essere vinta e non deve mai verificarsi. Viste le conseguenze di grande ampiezza che avrebbe l’impiego di armi nucleari, affermiamo anche che esse, fin quando esistono, devono servire a scopi difensivi, di dissuasione e prevenzione della guerra. Siamo fermamente convinti della necessità di prevenire la proliferazione di queste armi.”
Nemmeno il richiamo perentorio di Papa Francesco lanciato il 1 gennaio di quest’anno nella Giornata mondiale per la pace ha smosso l’insensibilità di Palazzo Chigi; né l’appello sottoscritto da esimi scienziati, tra i quali Carlo Rovelli e Matteo Smerlak, Carlo Rubbia, Giorgio Parisi, Roger Penrose, Steven Chu, a sostenuto dal Dalai Lama e dallo stesso Papa Francesco, nel quale si chiede di “avviare trattative per una riduzione concordata della spesa militare del 2 per cento ogni anno, per cinque anni (così che) …… enormi risorse verranno liberate e rese disponibili, il cosiddetto “Dividendo della pace”, pari a mille miliardi di dollari statunitensi entro il 2030”.
Convincersi dell’assurdità della posizione italiana e procedere rapidamente alla ratifica del TPNW, potrebbe essere un buon primo segnale del nuovo Presidente della Repubblica.