Premio Goldman per l’ambiente: ecco i 5 premiati nel 2020

 / 

Nonostante tutto e spesso a caro prezzo, ci sono persone che lottano perché il domani sia migliore o almeno vivibile. Per sapere e lasciarci provocare dal loro impegno ecco il profilo dei cinque premiati per questo 2020 dal Goldman Environment Prize:

Leydy Pech, apicultrice maya nata e cresciuta nello stato messicano del Campeche, membro di una cooperativa agricola composta soltanto da donne indigene e fondatrice della coalizione “Sin Transgenicos”: dopo vent’anni di lotta nel 2017 ha ottenuto la sentenza della Corte Suprema messicana che revoca le licenze concesse a Monsanto per la coltivazione di soia transgenica resistente al glifosate utilizzato per il loro diserbo.

Kristal Ambrose, nel 2013 ha fondato l’organizzazione no profit Bahamas plastic movement. Da allora si è dedicata a una fitta opera di divulgazione rivolta soprattutto ai giovani; dai campi di volontariato in cui hanno monitorato i rifiuti sulle spiagge e le microplastiche sulla superficie del mare, ai progetti di riuso creativo dei rifiuti: a gennaio 2018 visita il Ministro dell’ambiente di Nassau il quale, quatto mesi dopo, porta il Governo del Paese a promulgare il divieto di utilizzo di plastica usa e getta.

Paul Sein Twa, membro dell’etnia Karen (presente in Myanmar) ha speso decenni nella salvaguardia il bacino del fiume Saluen dalla costruzione di una gigantesca diga promovendo il “Parco della pace”: un’area di cinquemila chilometri quadrati a salvaguardia della biodiversità che ospita tigri, pangolini, orsi e decine di altre specie selvatiche. Dopo aver consultato 348 rappresentanti di altrettanti villaggi ha promosso un Referendum ottenendo il 75% dei consensi per l’istituzione del Parco impedendo ulteriori insediamenti industriali.  

Lucie Pinson ha studiato in Sud Africa dove ha maturato il proposito di opporsi alle venti banche internazionali, da sole, erogano il 75% dei finanziamenti all’industria del carbone tra le quali Bnp, Paribas, Crédit Agricole e Société Générale che hanno investito 32 miliardi di dollari tra il 2007 e il 2013. Attivista della ONG Les Amis de la Terre ha promosso campagne mediatiche, conferenze, assemblee e contatti con gli azionisti di tali banche fino ad ottenere, nel 2017, che nessuna banca francese fosse più disposta a finanziare nuovi progetti legati allo sfruttamento del carbone.

Chibeze “Chi” Ezekiel dirigente della ONG ghanese 350.org, ha fatto una ragione di vita l’opposizione alla costruzione in Ghana della centrale termoelettrica da 700 MW e un porto che accogliesse 2 milioni di tonnellate di carbone all’anno in arrivo dal Sudafrica. Convincendo la comunità locale sulla dannosità delle emissioni di mercurio e anidride solforosa, dell’impatto sui cambiamenti climatici, delle piogge acide, della prospettiva concreta di trovarsi senza acqua potabile conseguenze di tali infrastrutture, ha portato il Ministero dell’Ambiente ghanese a rinunciare al progetto.

Nemonte Nenquino, equadoregna della tribù Waorami, è co-fondatrice dell’alleanza Ceibo ed eletta presidente dell’organizzazione Conconawep che rappresenta gli indigeni della provincia di Pastaza. Da sempre impegnata per la promozione dell’indipendenza economica delle comunità indigene, l’installazione di pannelli solari e sistemi di raccolta di acqua piovana e per il supporto alla micro-imprenditoria femminile, ha condotto una mobilitazione dal basso per la tutela della foresta amazzonica, raccogliendo centinaia di migliaia di firme ha vinto una causa contro il governo dell’Ecuador salvando oltre 200mila ettari di foresta dalle perforazioni petrolifere. La rivista Time l’ha inserita tra le cento persone più influenti al mondo.

Iscriviti alla newsletter