Il fil rouge sotteso tra Nashville, Kiev e la Val Trompia

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Il mondo è scosso dall’ennesima folle sparatoria accaduta a Nashville, a spese di vittime civili, inermi ed estranee ed operata, in quest’ultimo caso, addirittura da una donna adolescente. Le dichiarazioni, per ora solo d’intenti, e le ipotetiche misure annunciate dal Presidente Biden per lo stop alla diffusione e vendita delle “armi d’assalto”, sottinteso lasciando piena libertà a quelle delle piccole armi convenzionali, oscillano tra il surreale e il ridicolo.

Dal lato opposto, sia geograficamente che idealmente, il mondo è anche scosso, o perlomeno preoccupato, dalle azioni perpetrate con armi ben più efficacemente mortali, ma sempre condotte, nella stragrande maggioranza, a spese della medesima categoria di vittime civili, inermi ed estranee e ancor più delle minacce paventate per una soluzione finale del conflitto in essere in seno alla nostra Europa.

Nel mezzo lo stesso mondo è, purtroppo, alquanto meno scosso dalle decine di altre situazioni altrettanto in balia della medesima logica e della medesima folle illusione di risolvere le contese mediante il ricorso alle armi e ai giustizieri di turno agenti per una o l’altra causa giusta o presunta tale.

Secondo i dati del SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2021 la spesa militare globale ha superato per la prima volta l’impressionante soglia dei 2 miliardi di dollari registrando 2.133 Miliardi totali con un incremento dello 0.7% rispetto al 2020. Di questi, il 75% sono stanziati da 10 Paesi con gli USA che hanno speso il 43% seguite da Cina e India. Sempre secondo lo stesso Istituto, Stati Uniti, Russia, Inghilterra, Francia, Cina, India, Pakistan e Israele posseggono insieme più di 25.000 armi nucleari e di queste più di 5.000 pronte all’uso e al lancio: una incomprensibile, folle, insulsa idiozia che basterebbe a distruggere più volte l’intero pianeta

L’Italia, dal canto suo, fa “egregiamente” la sua parte. Da sempre grande produttore di piccole armi e mine antiuomo esportate in tutto il globo, spesso bypassando con del tutto risapute triangolazioni commerciali i Trattai internazionali sottoscritti, nel 2021 ha speso 26 Miliardi di Euro cifra pari al 1.54% del PIL nazionale contro una media europea del 1.3%. Questa ingente somma, inoltre, è significativamente determinata dal progetto di produzione dei famigerati cacciabombardieri F35 abilitati al trasporto delle famigerate e mortifere bombe termonucleari NATO B61-12 che, da soli, costano a noi cittadini 15 Miliardi di Euro.

Un quantitativo di risorse economiche che, si stima, potrebbero coprire i costi per “4.500 nuovi asili nido, acquistare 10 milioni di pannelli solari per dare energia pulita a tutto il paese, costruire 50 ospedali, mettere in sicurezza anche antisismica 12mila scuole, e quindi creare 100mila posti di lavoro a fronte di circa ottocento che si dovrebbero creare con il progetto F35”.

Che sia, per alcuni, la invocata liberalizzazione delle piccole armi a scopo di difesa personale, o che si tratti, per altri, della fornitura di armi di distruzione di massa il filo conduttore rimane quello della folle illusione di poter risolvere le conflittualità con il ricorso arbitrario della violenza e della forza.

Nei soli Stati Uniti d’America, dal 1999 ad oggi si sono registrate 376 sparatorie in contesti civili; 378 sono oggi i conflitti censiti nel mondo; 59 i conflitti classificati come vere e proprie “guerre”. All’intero di questi, con una unanime convergenza statistica, il più alto numero di vittime è costituito da civili.

Sono fiero di essere stato tra i promotori in Italia della campagna “Control arms”. Sono fiero di aver dato il mio piccolo contributo per stoppare il commercio, anche se lecito comunque immorale, delle armi e della liberalizzazione del commercio di quelle “leggere”. Anche quando accusato di non preoccuparmi delle centinaia di posti di lavoro che si sarebbero messi a repentaglio con la chiusura delle fabbriche belliche nazionali. La riconversione delle produzioni e, soprattutto, delle culture di morte sono imperativo etico, quindi prevalente, su altri interessi che, comunque, si possono salvaguardare con intelligenti strategie di convivenza pacifica e non violenta di gestione delle nostre comunità.

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