Piccole-grandi scelte che cambiano le città

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L’evidenza oggettiva delle catastrofi economiche, sociali, culturali ed ambientali provocate dalla crescita economica incondizionata è percepita da un numero crescente di persone. Propaganda elettorale a parte, ricerca del consenso immediato e clientelarismo esclusi, sempre più persone condividono la necessità di modificare il modello di sviluppo perseguito dalla rivoluzione industriale in poi.

Come spesso accade, a fronte dell’imperturbabilità del “così vanno le cose”, del “tanto non cambia niente” e del “io cosa ci posso fare”, le reazioni opposte hanno affondato le radici nel paradigma della cosiddetta “decrescitada molti ritenutafelice”. Questo concetto, erroneamente attribuito all’economista e filosofo francese Serge Latouche, che più volte ne ha confutata la presunta paternità, come tutte le estremizzazioni provoca contrapposti “hooliganismi” più impegnati a denigrare l’avversario piuttosto che a trovare positive contaminazioni. In questo orizzonte si colloca la vera proposta di Latouche da lui stesso definita come la necessità di sostituire, a livello comunitario e personale, globale e locale, il paradigma della crescita con quello della “abbondanza frugale”: un concetto elaborato al fine di svincolare la nostra cultura dal culto dell’economia ed orientarla ad una “a-crescita”, ovvero uscire dalla crescita per progettare un altro sviluppo “pluriversale” ed opposto al falso universalismo odierno imposto dalla cultura dell’homo oeconomicus occidentale.

Contrastare con scelte concrete, individuali e politiche, la supremazia dei criteri programmatici e valutativi dello sviluppo, diventa una necessità impellente per la sostenibilità del futuro e per l’equità del presente. La cessazione di utilizzo progressivo, ma celere, dei combustibili fossili; il rifiuto della “fast fashion”, la moda dell’usa e getta; l’abbandono dell’obsolescenza programmata degli elettrodomestici; la pratica coscienziosa della differenziazione dei rifiuti; la fuga dalla Grande Distribuzione e dai Fast Food; il boicottaggio delle industrie sfruttatrici di mano d’opera a basso costo; l’acquisto di beni ed oggetti riciclati e provenienti dal riuso; ed anche una maggior “frugalità” nella valutazione dei bisogni e dei consumi sono solo alcuni degli esempi che si possono addurre per sdoganare il nuovo modo di vivere dal pregiudizio di utopia massimalista o, peggio, oscurantista.

Fortunatamente, sebbene con scarsa risonanza sui media asserviti alle logiche e ai poteri dominanti, si moltiplicano gli esempi virtuosi di piccole-grandi scelte fatte da persone e comunità.

A Vienna, per esempio, 220 mila dei 1.9 milioni abitanti totali vivono in alloggi di edilizia pubblica comunale di qualità; tra i 5 e i 7 mila nuovi alloggi annualmente costruiti, pari al 90% del totale, sono sovvenzionati quando optano per scelte ecologicamente innovative e altri 12 mila lo sono per la riqualificazione energetico-ambientale.

Le sperimentazioni in atto per la cosiddetta “settimana lavorativa corta”, già in atto in forme diverse da Spagna, Belgio, Islanda, Emirati Arabi Uniti, Scozia, Nuova Zelanda stanno dimostrando che la revisione dei fattori produttivi alla luce del “valore tempo”, non solo porta evidenti benefici ambientali, basti pensare al risparmio energetico del minor utilizzo delle auto per recarsi sul posto di lavoro, ma anche innegabili miglioramenti dei parametri produttivi. In Giappone, ad esempio, la settimana di 4 giorni lavorativi sta registrando in alcune grandi imprese un aumento del 40% della redditività. In Italia, la Banca Intesa San Paolo ha avviato un esperimento per adottare un modello a 4 giorni, 9 ore lavorative e pari stipendio che sembrerebbe soddisfare pienamente gli standard produttivi del colosso bancario che ha preannunciato di volerlo adottare in forma stabile unitamente allo smart working.  

Il Governo di Madrid, altro caso interessante, ha annunciato l’azzeramento per tutto il 2023 dei costi degli abbonamenti ai treni locali nelle grandi città e a media percorrenza : una sfida ambiziosa resa possibile da uno stanziamento di 700 milioni di Euro nel bilancio pubblico per i trasporti, il 41,2% in più rispetto al 2022, coperto da imposte sugli extraprofitti di banche e società energetiche. Soggetti, questi ultimi, che sappiamo bene aver esponenzialmente aumentato i guadagni nel corso degli anni passati in regime di pandemia COVID. Analoga decisione era già adottata da Lussemburgo, Malta, dalle città di Tallin, Dunkirk e, già dal 2008, da Samokov in Bulgaria.

Non da ultimo, anche in Italia assistiamo a scelte coraggiose e lungimiranti. Come a Bari dove l’attuale Amministrazione comunale ha deliberato la misura sperimentale “Muvt in Bus365”.  Oltre alla genialità del nome, “muoviti con l’autobus per 365 giorni all’anno”, fissare a 20 Euro/anno il costo dell’abbonamento annuale per i mezzi pubblici e stanziare 5,6 milioni di Euro per finanziare l’iniziativa con la connessa App gestionale, è innegabilmente un incentivo allettante per passare dalle vuote affermazioni sloganiste pro-ambiente ad azioni concrete per la sua tutela e conservazione.

Al Sud come al Nord, dove l’Alto Adige, ormai da anni, impone per agli alloggi di nuova costruzione l’utilizzo dal relativamente nuovo sistema di produzione dei “doppi vetri ad Argon” in grado di isolare gli ambienti fino ad ottenere oltre 10 gradi di differenza tra temperature interne ed esterne: ovviamente, misura supportata da congrui sovvenzionamenti pubblici.

Così come a Bologna, poi seguita da un numero in crescita di altre città come Milano e Palermo, dal 2018 è ben avviata una “Biblioteca degli oggetti”. Mutuando il sistema di prestito libri delle biblioteche classiche, a Leila si noleggiano e si prestano oggetti e attrezzi per il “fai da te” al fine di ridurre considerevolmente l’acquisto di attrezzature spesso utilizzate una sola volta e poi riposte in cantina in attesa di aumentare i materiali da conferire in discarica e i relativi costi ambientali. Iniziativa, questa, che oggi va diffondendosi anche on-line con l’applicazione di locloc.it, ennesima dimostrazione di quanto di più falso e opportunistico ci sia nel bollare di oscurantismo i paladini della decrescita e di un nuovo modello di sviluppo.

Quelli qui riportati sono solo alcuni dei molteplici esempi annoverabili tra i possibili virtuosismi alla portata di tutti: di me, di ognuno di noi, delle forze politiche, di ogni Amministrazione e Governo, di qualunque matrice culturale  voglia rispondere adeguatamente e con responsabilità alla tragicità e alla impellenza delle problematiche di un vivere consuetudinario imbevuto e imbibito dalle strategie perverse di chi, ad ogni livello, grado e contesto, seguita a vivere alla luce del tutto, subito, al minor costo e, soprattutto, per me.

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