Servizio civile: 50 anni di difesa armata e non violenta della Patria

Sono soldato di Cristo e mi rifiuto di portare al collo la medaglia dell’Imperatore”. (San Massimiliano di Tebessa, primo obiettore di coscienza martirizzato il 12 marzo 295 d.C. a Tebessa-Numidia, attuale Algeria; oggi Patrono degli Obiettori di Coscienza)

Il 15 dicembre 1972 il Parlamento approvava la Legge n°772 – meglio conosciuta come “Legge Marcora” – con la quale, dopo anni di battaglie delle Organizzazioni di Società Civile, lo Stato italiano riconosceva il diritto all’obiezione di coscienza e il servizio alternativo all’obbligo del servizio militare.

Sono passati esattamente 50 anni da quel giorno in cui la storia del nostro Paese, in particolare quella legata al concetto di difesa della Patria, subì un cambiamento epocale: difendere i confini del Paese, questo il principio passato con la nuova legge, non è unicamente dato con l’uso delle armi, bensì anche con un servizio alternativo non violento e non armato. Tanto che nel gennaio 2005, anche con l’affermarsi di questa cultura alternativa, il Parlamento approva la Legge 260 con la quale, finalmente, si abolisce l’obbligo di leva militare.

A dispetto dei reiterati tentativi di alcuni Governi passati di sconfessare questo radicamento profondo e inamovibile nei principi e nelle pratiche di pace e non violenza, tentativi che ho contribuito a sventare quale membro del Comitato per la Difesa Civile non Armata e non Violenta per nomina della Presidenza del Consiglio Berlusconi, il servizio civile tutt’oggi trova in una difesa alternativa e socialmente utile la sua principale motivazione e la sua primaria finalità, per di più essendo riconosciuto come servizio “universale” con l’entrata in vigore dell’ultima normativa in materia approvata nel 2017 (Dlgs. n°40/2017).

Molte sono stati, a seguire, le modifiche, i perfezionamenti, e i completamenti legislativi che hanno corredato e accompagnato le evoluzioni del movimento per la difesa pacifica e non violenta della Patria. Tutte, però, convergenti su di un nuovo paradigma fondato sulla convinzione che più delle armi, più della violenza e più della forza bruta ciò che ci difenderà da ipotetici conflitti e “invasioni” saranno il dialogo e l’inclusione, la giustizia sociale, la valorizzazione delle diversità, le pari opportunità, l’equa ripartizione dei benefici, la globalizzazione della solidarietà e un diffusa responsabilità verso gli altri e nei confronti del pianeta.

A testimoniare la bontà di questo impianto sociale e istituzionale stanno le cifre e i dati di questi 50 anni: 1,2 milioni di giovani hanno aderito alla proposta avanzata negli anni da centinaia di Associazioni, con un trend crescente che fa registrare quest’anno il picco di oltre 70.000 ragazzi e ragazze che opteranno di dedicare 12 mesi al servizio del Paese sotto forma di servizi resi nei più svariati ambiti sociali. Ma, forse ancor di più, le personalità che negli anni hanno sposato, sostenuto, difeso e promosso l’obiezione alle armi e le pratiche della difesa non violenta.

A tutti loro andrebbe un doveroso tributo e la decisa iscrizione nei libri di storia del nostro Paese.

Mantenere viva la memoria di questa virtuosa storia italiana e prolungarla in prima persona o mediante la diffusione di questa “buona pratica” è nostro dovere: per servire la Patria e fornire una educazione edificante alle giovani generazioni.

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Un commento

  1. Ciao Sergio, intanto scusa del commento tardivo, non sempre leggo puntualmente le new

    La “convinzione che più delle armi, più della violenza e più della forza bruta ciò che ci difenderà da ipotetici conflitti e “invasioni” saranno il dialogo e l’inclusione, la giustizia sociale, la valorizzazione delle diversità, le pari opportunità, l’equa ripartizione dei benefici, la globalizzazione della solidarietà e un diffusa responsabilità verso gli altri e nei confronti del pianeta.
    Molto bella questa riflessione, penso che riassuma in sintesi, tutto quello di cui si possa scrivere o pensare sull’argomento
    Buona serata Ruggero