Condannati a 6000 anni di carcere 4 militari in Guatemala

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Martedì 2 agosto, a Città del Guatemala è stata emessa una sentenza esemplare e simbolica: 4 militari dell’unità speciale dell’esercito guatemalteco denominata Kaibiles sono stati condannati a complessivamente 6060 anni di carcere quali autori della strage avvenuta nel 1982 nel villaggio di Dos Erres nella regione settentrionale del Peten. A rimbalzare al notizia sui media mondiali, in Italia ripresa dal Corriere della Sera, la puntualissima Amnesty International che con questa informazione conferma l’attenzione anche ai fatti meno eclatanti e conosciuti, eppure ricchi di significato nella infinita battaglia per i diritti umani di ogni persona.

L’esemplarità della condanna, evidentemente, sta nel cumulo di anni riconosciuto agli aguzzini. La ferocia con la quale questi macellai in divisa si sono avventati su donne – stuprandole e seviziandole – bambini – sino a gettarne uno vivo in un pozzo – e se tutto ciò che si muoveva a Dos Erres, ha indotto il magistrato ad affibbiare 30 anni ogni omicidio commesso e altrettanti per ogni crimine contro l’umanità riconosciuto.

La sua simbolicità, sta nel fatto che per la legge giudiziaria guatemalteca, a proposito di Paesi meno sviluppati, il massimo  della pena scontabile in un carcere nazionale non può superare i 50 anni. Tuttavia, a distanza di 30 anni da quel 5 dicembre 1982 e dopo 16 anni di indagini, ricorsi e istruttorie, le vittime di uno dei tanti crimini compiuti dalle forze armate di una delle dittature che all’epoca governavano l’America Centrale hanno trovato giustizia. Un fatto già di per se importante, ma che oltretutto riapre la speranza che la giustizia possa fare il suo corso fino in fondo facendo luce sulle centinaia di crimini e le migliaia di vittime che, soprattutto in quegli anni, hanno subito ogni sorta di angherie sino, spesso, a lasciarci la pelle dentro quel gioco al massacro perpetrato dai regimi sudamericani sostenuti dagli USA per mantenere la loro influenza su quello che chiamavano “giardino di casa”. Un giardino ricco di droga, di materie prime e di forza lavoro da sfruttare per consentire e sostenere il boom economico della più grande potenza occidentale.

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