Non sono le guerre che fanno grande l’Italia

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Venerdì 8 luglio scorso dalle pagine de “La Stampa” il professor Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, è tornato a tuonare su uno dei suoi argomenti preferiti: la positività e la necessità del mantenimento dei contingenti militari italiani nelle missioni all’estero. Già in altre occasioni, ricordo in particolare un dibattito a TG7 fatto in occasione della guerra in Iraq e la condivisione di una relazione all’Assemblea del MCL dello scorso anno, ho avuto modo di apprezzare la lucidità di analisi e la competenza in materia di Parsi, quanto di misurare l’enorme distanza tra le nostre rispettive posizioni e proposte. Devo ammettere che anche in questo caso, avendo letto con attenzione il suo articolo citato, condivido ampiamente la disamina del contesto storico del posizionamento italiano nella comunità internazionale e l’indignazione espressa per il “voltafaccia” della Lega in vista dell’approvazione del decreto di finanziamento delle missioni militari all’estero. In altre occasioni, e con altre motivazioni, ho avuto modo di esprimere la mia preoccupazione, che come dice Parsi dovrebbe essere quella dell’intero Paese e del suo Governo in particolare, circa la possibilità che l’Italia continui a rimanere nei club esclusivi dei “grandi e dei potenti” della terra come G8 e G20, o in merito alle chance rimasteci per occupare posti di prestigio nelle Organizzazioni internazionali. Il disimpegno italiano in politica estera e di cooperazione internazionale, segnato dai governi di diverso colore e orientamento politico succedutisi negli ultimi 15 anni, ho più volte sostenuto che sia una delle maggiori sciagure attirate sul nostro Paese da decisori miopi e interessati al tornaconto elettorale immediato, ma senza visione sul futuro, ne tanto meno interessati al bene comune. La riduzione al lumicino degli stanziamenti per la cooperazione allo sviluppo, il non conferimento delle quote e dei contributi promessi alle istanze multilaterali, l’altalenante posizionamento nella definizione di alleanze e partenariati hanno forse definitivamente screditato l’Italia agli occhi del mondo. Se sino a questo punto si ripresenta l’assonanza con quanto affermato da Parsi, ecco nuovamente che passando alle “proposte”, la divergenza si ripresenta in tutta la sua enormità: reputo infatti che ricercare un rilancio della credibilità italiana puntando sulla presenza nelle missioni militari all’estero, sia irresponsabile, guerrafondaio e foriero di non ulteriori problemi piuttosto che di soluzioni durature e incruente. Ho già avuto modo di scrivere di ciò lo scorso 22 giugno sul mio blog personale. Lo ribadisco ora: la comunità internazionale, e quindi l’Italia con il suo ruolo che ancora può giocare al suo interno, deve puntare su soluzioni politiche, diplomatiche, pacifiche se davvero vuole mettere fine alle violenze, ai fondamentalismi, al terrorismo e prevenire le ritorsioni inevitabili che l’uso delle armi intrinsecamente comporta. Oggi, alla luce dell’ennesima vittima italiana sul fronte afgano, lo ribadisco con maggiore convinzione e con ancora più dolore per l’ennesima vittima di un inutile conflitto.

(pubblicato su Repubblica.it)

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