Primarie PD a Napoli:ennesimo atto dell’opera buffa della politica italiana
Di fronte a quanto accaduto per le “primarie” PD a sindaco di Napoli la tentazione potrebbe essere quella di lasciarsi andare, per una volta, al qualunquismo così diffuso tra gli italiani di ogni genere e rango che a volte, viene da pensare sia tutt’altro che biasimabile. Fosse così, verrebbe semplicemente di commentare con un laconico “sono ridotti al punto di non saper nemmeno gestire la nomination del proprio candidato in un comune, sebbene importante, del nostro Paese, figuriamoci come potrebbero individuare a chi affidare la guida della nazione”; o anche a commenti del tipo di quelli che ho sentito in questi giorni come ” è un partito alla frutta così sgangherato da non approfittare nemmeno della ormai evidente debacle di un Governo trascinato allo sbando dal suo Capo coinvolto in un definitivo discredito per le note vicende del sexy gate nostrano, scaricato anche da oltre Tevere e dal Quirinale”. Cercando al contrario di mantenere una certa coerenza con il tentativo di rimanere fedele ad analisi che vanno al di là di superficiali commenti da opposte tifoserie, provo a commentare la tecnicalità del metodo insito nelle elezioni primarie dei candidati del Partito Democratico. avendo fatto parte della “Commissione statuto” del PD all’epoca della assemblea costituente del partito, posso testimoniare in prima persona come questa questione sia da sempre, e ancora oggi, oggetto di grande dibattito tra i suoi fautori e chi ne ha fin da subito evidenziato le negatività e le disfunzioni insite in essa. Preferisco non incrementare il già ampio dibattito nella sostanza della questio, e concentrarmi su qualche considerazione di forma. Sin da quando, per la prima volta, le “primarie” vennero indette per la designazione del candidato premier nel 2000, quelle che incoronarono Romano Prodi che poi perse le elezioni politiche contro Berlusconi, la possibile “infiltrazione” di persone non facenti parte del PD e, quindi, potenzialmente manovrabili dalle sempre attive cabine di regia del voto a fini strumentali e diversi dalla sana consultazione democratica era ben evidente e non scongiurabile. Porre quale unica condizione per poter “votare” il versamento di 3 Euro, infatti, non poteva garantire che la consultazione avvenisse unicamente tra gli iscritti e, di conseguenza, escludere i “non aventi diritto”. Su molti dei manifesti elettorali inneggiava la scritta: “Hai solo 16 anni? Puoi votare anche tu. Fai veder che ci tieni”. Avendo seguito lo stesso metodo anche per Napoli, risulta difficile comprendere l’indignazione di autorevoli esponenti democratici circa la presunta affluenza di non appartenenti al PD. Dovrebbe essere un rischio assolutamente preso in considerazione. Per contro, altrettanto duro spiegarsi il plauso al risultato conseguito in termini di affluenza, se a questo si dice hanno contribuito “intrusi” non graditi al punto di condizionare i risultati finali, unanimemente manifestato da tutti i candidati. Nessuno escluso, nemmeno quelli che, direttamente o per bocca dei rispettivi padrini, hanno poi fatto ricorso ottenendo l’annullamento delle primarie decretata dal Segretario Bersani con il conseguente rinvio della Assemblea nazionale già convocata per sabato e domenica prossimi. Discredito su discredito, figuracce dopo figuracce, beghe da piccola bottega che si susseguono mentre il Paese intero va alla deriva, il maggior partito di opposizione si dimena in una stagione che invece richiederebbe un guizzo di leadership, di lungimiranza e di responsabilità. Forse addirittura avendo effetti contagiosi sui potenziali oppositori alleati: anche il candidato sponsorizzato da Niki Vendola si è unito al coro dei rimostranti della correttezza della consultazione partenopea. Una caduta di stile poco consona a chi, va riconosciuto, sino ad oggi si era piuttosto contraddistinto per un certo fair-play che gli hanno apportato simpatie e consensi crescenti. Anche tra i qualunquisti, i delusi o tra chi è alla ricerca di una venata di aria nuova possibilmente più pura di quella che sin qui ci hanno obbligato a respirare i conduttori di questa opera buffa troppo replicata sulla scena della politica italiana.