governance globale

Questa povera Europa e noi europei meritiamo di più
Fra poco più di un mese andremo a rinnovare il Parlamento e, di conseguenza, la nuova leadership di questa povera Europa. Povera. In cerca di memoria, di politica, di visione. Questa Europa fonda sull’utopia di una pace perseguibile e duratura dei padri fondatori, oggi squassata nei baluardi eretti contro le logiche di guerra e sopraffazione. Mezzo secolo di pace è stato sprecato in continue critiche ed accuse di nostalgici nazionalisti e di impenitenti qualunquisti che tutto hanno fatto e continuano a fare pur di impedire l’affermazione dell’inevitabile corso della storia

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Elezioni 2024: un giro di boa da brivido
Mai come di questi tempi, le istituzioni sovrannazionali e il multilateralismo sono sotto attacco. Mai come in questi giorni, l’impianto di governance globale che ha retto per quasi un secolo, dal secondo dopoguerra ad oggi, appare come in crisi, indebolito, messo in discussione e, di fatto, sconfessato. Le Nazioni Unite, perfino nella persona della sua più alta carica, vengono accusate di parteggiare per una delle due parti in conflitto in Medio Oriente. La NATO, ancorché istituzione di parte, è attaccata dal possibile futuro leader del suo maggior azionista. L’Unione Europea

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ONU e multilateralismo alla mercé dei potenti
La sospensione dei finanziamenti all’Agenzia ONU per i Rifugiati Palestinesi (UNRWA) è decisione assurda, ingiusta, pretestuosa e disastrosa. Il fatto che, ad oggi e con il rischio di rapido incremento, siano ben 10 gli Stati che hanno deciso in tal senso – Australia, Austria, Canada, Finlandia, Germania, Giappone, ITALIA, Paesi Bassi, Regno Unito, USA - conferma come il multilateralismo sia tutt’altro che consolidato, che la consapevolezza circa l’irrinunciabilità a entità sovrannazionali in grado di governare fenomeni sempre più globali ed interdipendenti, che nazionalismi e becere nostalgie revansciste sono gli alibi

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“Orgogliosi di pagare più tasse” – l’Appello di 260 miliardari ai governi di tutto il mondo
All’insegna dello slogan “proud to pay more”, 260 miliardari, nel pieno svolgimento del Forum Economico Mondiale di Davos (WEF) che annualmente riunisce il gotha dell’economia, della finanza e dell’imprenditoria mondiale, hanno reiterato la richiesta ai governi di aumentare le tasse sulle (loro) grandi ricchezze. La notizia ha dell’incredibile per i suoi contenuti, come per il cartello dei promotori di questa iniziativa. Il tutto prende il via dopo l’emergenza COVID quando, nel 2020 e su iniziativa della ONG OXFAM international, alcuni super ricchi, sollecitati dagli sconvolgenti dati del Rapporto annualmente pubblicato

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Clima e ambiente al giro di boa. Italia al palo
La Conferenza mondiale sui cambiamenti climatici, la COP28 in corso a Dubai, è al giro di boa della seconda settimana di negoziato. La partita che si sta giocando, ormai è noto a tutti, è tra le più decisive per garantire la vivibilità sul nostro pianeta nel prossimo futuro.    La disillusione che da anni regna sovrana, vista la follia verso la quale l’inerzia dei Governi ci sta catapultando a suon dichiarazioni ridondanti e di impegni disattesi in materia di responsabilità ambientale, sembra crescere in quel di Dubai. Di certo, come

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Transizione ecologica: dietro front!
Dal prossimo 30 novembre e per 12 giorni, i Governi di tutto il mondo saranno riuniti a Dubai nella COP28 (Conferenza tra le Parti, ovvero l’incontro mondiale sui cambiamenti climatici). All’ordine del giorno, come nelle precedenti COP, la questione principale sarà ancora quella relativa alle azioni da intraprendere per limitare i danni del surriscaldamento climatico mantenendo la temperatura media del pianeta entro un aumento di 2°C, dove la transizione ecologica rimane, sulla carta, l’unica strategia possibile.    Alle ricorrenti pressioni sino ad oggi esercitate dalle lobby delle multinazionali energetiche, sostenute

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