Corte Penale Internazionale: la pace passa anche da qui
La decisione della Corte penale internazionale di procedere contro il premier israeliano e il leader di Hamas suscita reazioni e posizionamenti che mettono a nudo la verità profonda del pensiero di leader politici ed esponenti di governo orientati ad una logica belligerante guidata da enormi interessi e foriera di miliardari profitti.
La Corte Penale Internazionale (CPI), vale la pena ricordarlo brevemente, è stata creata nel 1998 ed ha iniziato ad operare nel 2002 dopo la ratifica da parte del 60° Stato, come previsto dalle norme relative ai trattati internazionali. Voluta come prima giurisdizione internazionale permanente competente a giudicare individui responsabili dei più gravi crimini di rilevanza internazionale, la Corte è la più avanzata evoluzione dei Tribunali speciali istituiti ad hoc – come nel caso dei genocidi nella ex-Jugoslavia e in Rwanda – avendo il mandato di agire sine tempore sulla base delle indagini e delle inchieste volute e avviate dal suo Procuratore generale – oggi l’avvocato britannico di origini pakistane Karim Ahmad Khan.
A questo alto funzionario internazionale vanno fatte risalire le ultime eclatanti azioni perpetrate nei confronti di nomi altisonanti, come per il mandato di arresto emesso a marzo 2023 nei confronti di Vladimir Putin e, proprio ieri, di Netanyahu e del leader di Hamas Yahya Synwar. Mandati di arresto che, tuttavia, hanno ricevuto nel primo caso ovazioni pressocché unanimi e lusinghieri riconoscimenti per l’operato della Corte, fatta ovviamente eccezione per Mosca e qualche suo alleato, mentre nel secondo una pioggia di critiche, ricusazioni, rifiuti, dubbi, discrediti e quant’altro possa essere fatto risalire all’inveterato modo di agire del “due pesi e due misure”.
Le istituzioni internazionali, con qualche inevitabile e fisiologico caso eccezionale, sono fonte di imparzialità, di neutralità e, in fin dei conti, soggetti imprescindibili per dirimere contese e conflitti internazionali, quindi irrinunciabili per il conseguimento di un ordine pacifico mondiale. In nome di ciò avevo con altri ritenuto necessaria la costituzione di un Tribunale speciale per il conflitto isrealo-palestinese convinto che i pur comprensibili, ma non giustificabili, schieramenti partigiani dei singoli governi nazionali nulla possono di fronte a violazioni del diritto se non l’illusoria soluzione dell’uso della forza delle armi.
Per questo le accuse e le critiche mosse all’utopia e all’inconsistenza delle posizioni cosiddette pacifiste dimostrano la loro strumentalità quando si scontrano con l’agire di una istituzione internazionale voluta dalla stessa comunità mondiale quando onestamente e freddamente confrontata con le catastrofi provocate dalle guerre. Il riconoscimento di autorevolezza, il conferimento di parte della sovranità nazionale, il ricorso a entità superpartes sono una via concreta per perseguire obiettivi altrimenti velleitari o pagati ad un prezzo insopportabile di vittime per lo più di civili inermi e innocenti.
Per questo le dichiarazioni e i giudizi pronunciati da non pochi politici in questi giorni dopo quest’ultimo mandato di arresto del Procuratore capo Khan suonano come strumentali, rispondenti a interessi altri che non il conseguimento determinato della pace e frutto di una cultura bellicista ancora imperante in tutte le potenze mondiali e nei loro servili alleati. Una democrazia che si dichiara e viene inneggiata come tra le più avanzate, nella fattispecie gli USA peraltro governati da un esponente democratico, non può permettersi le posizioni espresse dal suo Presidente, pena fomentare inevitabili reazioni contrapposte in storici oppositori e competitor sullo scacchiere internazionale e così gettare benzina su un fuoco già crepitante. Una simile democrazia, in buona compagnia di altri governi che almeno non fanno mistero del loro autoritarismo, non può permettersi di stare fuori dalla comunità degli Stati che hanno già aderito alla Corte, pena incitare all’anarchia istituzionale mascherata da sovranismi di vario genere. I suoi alleati, Italia compresa, non possono più tollerare o essere collusi con l’arroganza del potere fondato sugli interessi dei fabbricanti e commercianti di armi.
Purtroppo, come per altre istituzioni volute ma con riserbo dalla comunità mondiale, anche nel caso della Corte penale internazionale l’incisività e la stessa effettività delle sue decisioni è subordinata alla libera volontà dei singoli stati di metterle in pratica collaborando con essa. L’esecuzione dei mandati emessi dalla Corte, infatti, non può che essere da essi agita non avendo la Corte potere esecutivo, ma solamente esortativo nei loro confronti.
I capi di accusa formulati da Khan nei confronti dei due leader mediorientali sono inequivocabili, circostanziati, comprovati e palesemente neutrali. La forza che deriva al Procuratore di agire in assoluta indipendenza da spinte o condizionamenti di singoli governi si è manifestata con la simultaneità e la lapidarietà delle accuse rivolte a Hamas e a Israele:
“Riteniamo che i crimini contro l’umanità imputati facciano parte di un attacco diffuso e sistematico contro la popolazione civile di Israele da parte di Hamas e di altri gruppi armati in base a politiche organizzative. Alcuni di questi crimini, secondo la nostra valutazione, continuano ancora oggi …… Durante la mia visita al Kibbutz Be’eri e al Kibbutz Kfar Aza, nonché al sito del Supernova Music Festival a Re’im, ho visto le scene devastanti di questi attacchi e il profondo impatto dei crimini inconcepibili imputati nei ricorsi presentati oggi …. ci sono ragionevoli motivi per ritenere che gli ostaggi catturati da Israele siano stati tenuti in condizioni disumane e che alcuni siano stati oggetto di violenza sessuale, incluso lo stupro, durante la prigionia“.
“Le prove che abbiamo raccolto, comprese le interviste con i sopravvissuti e i testimoni oculari, il materiale video, fotografico e audio autenticato, le immagini satellitari e le dichiarazioni dei presunti responsabili, dimostrano che Israele ha intenzionalmente e sistematicamente privato la popolazione civile in tutte le zone di Gaza di oggetti indispensabili alla sopravvivenza umana. Ciò è avvenuto attraverso l’imposizione di un assedio totale su Gaza che ha comportato la chiusura totale dei tre valichi di frontiera, limitando arbitrariamente il trasferimento di rifornimenti essenziali – compresi cibo e medicine – attraverso i valichi di frontiera dopo la loro riapertura. C’è un piano comune per usare la fame come metodo di guerra e come mezzo per: eliminare Hamas; assicurare la restituzione degli ostaggi punire collettivamente la popolazione civile di Gaza, percepita come una minaccia per Israele”
La pace è possibile. La pace passa anche da qui. La pace non è un’utopia velleitaria, ma resa tale dalle logiche che contro di essa scatenano il potere di gesti, atti e parole di guerra … o anche solo di parole unicamente buone per consenso o tornaconto.