Libia: i ribelli come l’esercito di Gheddafi

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La notizia è di ieri ed è di quelle destinate a “bucare” … o almeno così dovrebbe essere: la prestigiosa ONG Human Right Watch ha reso pubblico un dossier sui crimini compiuti anche dalle forze di opposizione al regime di Gheddafi. Citata e quotata da molti anni e da diversi osservatori, istituzionali e non, la ONG statunitense è stata molto spesso punto di riferimento per denunce e conseguenti interventi in caso di violazioni di diritti umani in tutto il mondo. “In quattro città prese nei mesi scorsi dai ribelli nella regione di Nafusa Mountain – si legge nel dossier – i combattenti ribelli e i loro sostenitori hanno danneggiato proprietà, bruciato alcune case, saccheggiato ospedali, abitazioni e negozi, e picchiato alcune persone sospettate di aver sostenuto le forze governative”. Una descrizione, supportata da fatti, cifre e dati oggettivamente rilevati, che sembra fare eco quasi con le medesime parole a quella utilizzata dalla stessa ONG lo scorso 27 maggio per denunciare gli attacchi criminali dell’esercito governativo nella stessa regione di Nafusa.

Sembra ancora una volta ripetersi la macabra storia delle scelleratezze compiute ad opera di chi, potendo avvalersi di una divisa e soprattutto potendo disporre delle armi, non perde occasione per infierire sulla popolazione civile inerme e innocente. Siano essi inquadrati nelle forze armate “regolari”, siano essi  appartenenti alle milizie ribelli, di opposizione o della guerriglia. I nomi si sprecano nella numerosissima casistica mondiale, ma la sostanza non cambia: in tutti i casi conosciuti in giro per il pianeta, gli interventi armati generano crimini, violazioni dei più fondamentali diritti umani, e scaricano il prezzo della pazzia della loro violenza sui civili.

Dovrebbero rifletterci i politici, anche e soprattutto quelli italiani ed europei, quando decidono i bombardamenti ed il dispiegamento delle cosiddette “missioni militari di pace” o mentre discutono, come nel caso della richiesta francese avanzata qualche mese orsono alla NATO e ai Paesi alleati per un appoggio militare e in fornitura di armi ai ribelli libici; dovrebbero rifletterci i giornalisti e i media, pronti ad enfatizzare le gesta dei nostri militari all’estero, ma che ancora una volta sembrano essere distratti di fronte al rapporto di Human Right Watch e alle numerosissime denunce fatte da molte ONG impegnate nei territori in conflitto; dovrebbero rifletterci sopra anche alcuni leader di società civile nell’assunzione delle posizioni espresse in materia di interventi militari e di sostegno alle “rivoluzioni” locali.

La violenza genera violenza, le armi non portano la pace e qualunque guerra non risolve le situazioni, ne tantomeno sopisce i conflitti. Piuttosto, il ricorso alle armi non fa che prolungare problemi, suscitare controreazioni cruente e, soprattutto, mietere vittime innocenti in numero paradossalmente superiore al quello di chi indossa una divisa, milita in eserciti o in forze di opposizione, si vende al miglior offerente tra i vari signori della guerra o guadagna il suo salario imbracciando un fucile.

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