Immigrazione: i dati sbugiardano la politica

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Ora che i migranti dalle navi ancorate al porto di Catania sono, in qualche modo, collocati in una situazione di minor precarietà e pericolo, credo valga la pena riflettere sulla realtà delle cose … prima di dover affrontare il prossimo prevedibile approdo.

Navi delle ONG umanitarie, un numero crescente di navi della Guardia Costiera, capitanate da Comandanti fortunatamente rispettosi delle leggi “del mare” e del diritto internazionale, Organizzazioni di Società Civile sempre meno disposte a incedere alle palesi violazioni dei diritti umani fondamentali porteranno a fare i conti con le inevitabili conseguenze della ricerca di condizioni di vita migliore ricercate da parte di milioni di persone in fuga da miseria, guerre e soprusi.

La globalizzazione, almeno per chi la considera inevitabile, non può essere una “dottrina” applicata “à la carte scegliendo dove, come, quando e per chi essa valga. I principi di libera circolazione, libera concorrenza, libero mercato non possono valere solamente per merci e commodities; non risponde a coerenza escludere da essa le persone o, per meglio dire, alcune “categorie” di persone.

Ma, soprattutto, ogni decisione, reazione e concezione di come affrontare l’inevitabilità di un fenomeno ormai parte integrante del nostro quotidiano, dovrebbe fondarsi su numeri, dati e statistiche veritiere; non piegate e strumentalizzate a preconcetti ideologici e propagande elettoral-politiche.

Il XXXI Rapporto Immigrazione 2022 realizzato da CARITAS Italiana e Fondazione MIGRANTES fotografa una situazione molto lontana dalle intimidatorie giustificazioni di politiche e soluzioni xenofobe, razziste e populistiche attuate dal Governo in carica.

Ad esempio, riflettendo come

degli attuali 281 milioni di migranti censiti a livello mondiale, meno del 10% (nel 2021 erano 23,7 milioni secondo la Commissione) sono ospitati nell’Unione Europea;

oppure su come l’Italia sia assolutamente nella media percentuale europea (5,2%) di migranti rispetto alla popolazione totale.

o ancora sul fatto che Paesi come la Germania o Spagna e Francia abbiano rispettivamente il doppio e pressappoco il medesimo numero assoluto di stranieri rispetto al nostro Paese. Dato, quest’ultimo, che colloca l’Italia al 7° posto in Europa per percentuale di stranieri rispetto al totale della popolazione (8,7%) contro ad esempio il 17% dell’Austria o il 12,7% della Germania (elaborazioni di lenius.it su dati EUROSTAT).

Chi evoca drammatiche emergenze, dovrebbe considerare

il trend negativo caratterizzante i flussi degli ultimi anni registrati nel nostro Paese: 598.567 ingressi del 2010 contro i 177.254 del 2019. Sapendo che almeno una persona su tre emigra per motivi di lavoro, facile comprendere come le Regioni a maggior densità straniera siano quelle del Nord (con una percentuale, anche qui in decrescita, del 9% nel nostro Comune di Cantù ;

il dato delle richieste di asilo avanzate da “rifugiati” nei confronti dei Paesi UE: in Italia 0.7 ogni 1.00 abitanti contro 1.5 in Olanda, 1.9 in Francia, 2.5 in Spagna, 7.2 in Grecia, solo per dare qualche termine di paragone (ibidem);

o ancora la diminuzione percentuale (-1%) di detenuti stranieri nelle carceri italiane a fronte di un aumento della popolazione carceraria totale (+1.4%) registrata nell’ultimo anno (XXXI rapporto CARITAS – MIGRANTES).

Insomma, premettendo l’ovvietà del binomio diritti/doveri, piuttosto che paventare il disinteresse dell’Europa o la latitanza di altri Stati, meglio si farebbe a ricalibrare le politiche nazionali sui principi dell’etica dell’inviolabilità dei diritti fondamentali, della supremazia della giustizia o, perlomeno, alla realtà dei fatti.

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