F35: si riapre il dibattito

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Con la mozione presentata alla Camera dei Deputati lo scorso 28 maggio a firma Movimento 5 Stelle e SEL, si è improvvisamente riacceso il dibattito sulla partecipazione del nostro Paese al programma JSF (Joint Strike Fighter). Quello per capirci al volo, con il quale grazie alla collaborazione di diverse nazioni di stanno costruendo i nuovi cacciabombardieri F35. 

La richiesta al Governo avanzata con la mozione, firmata da 158 parlamentari, 650 associazioni e 50 Enti locali, è quella di ritirarsi dal costoso programma 14 miliardi di Euro complessivi, 5 stanziati per questo 2013 per i cosiddetti sistemi d’arma dei quali 4 per gli F35) è sostenuta da una serie di motivazioni “tecniche” circa l’inefficienza degli aerei e da motivazioni più di ordine etico-politico che l’on. Chiara Ingrao (PD) ha ben elencato in una lettera aperta indirizzata ai parlamentari del suo partito e pubblicata su L’Unità lo scorso 4 giugno. 

Da li in poi, i commenti e le argomentazioni soprattutto dei fautori di un pieno proseguimento della partecipazione italiana al JSF si stanno susseguendo su vari organi di informazione e nei dibattiti informali dei corridoi di palazzo. Basta fare una ricerca su google e si avrà conto della riccehzza delle reazioni e dei pronunciamenti.  

Non ho le competenze e le conoscenze sufficienti a giudicare la veridicità di quella o quell’altra affermazione “tecnica”; ne voglio avventurami in un terreno che già da giovane ho evitato svolgendo il servizio civile e facendo l’obiettore di coscienza. Certo condivido e mi rallegro che tra gli atti del Parlamento insediatosi vi sia questa mozione che sostiene una richiesta che da anni gran parte della società civile avanza senza successo. Perché giustamente le risorse, poche, che di cui ancora disponiamo hanno ben altre priorità che non quelle di armare il nostro esercito e perché continuo a sperare e a battermi per un nuovo modello di difesa della Patria e della pace nel mondo.

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