I “leoni d’Africa” sono estinti?

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Alla notizia delle dimissioni del vecchio padre padrone dello Zimbabwe Robert Mugabe, grida di gioia e di esultanza hanno riempito le strade di tutto il Paese e le stanze del Parlamento nazionale di questo fiorente stato dell’Africa australe.

A 37 anni dalla sua prima presa del potere, chi è stato definito dai media di tutto il mondo come “l’ultimo leone d’Africa” ha dovuto suo malgrado passare la mano. In pol position per la sua successione sembrerebbe essere il settantacinquenne ex Vice presidente Emmerson Mnangagwa. Ciò, nonostante gli sforzi e gli innumerevoli tentativi di garantirsi una continuità insediando alla massima carica dello Stato la giovane moglie Grace.

L’ultimo disperato colpo di coda negli ultimi giorni il despota ha ancora tentato di resistere al potere rifiutandosi di dimettersi anche quando il “suo” partito da lui governato sin dall’indipendenza del 1980 ha optato domenica scorsa per la sua espulsione. Ci sono voluti l’avvio di una procedura di impeachment presentata da alcuni parlamentari del partito di governo e appoggiata dalla opposizione e soprattutto una detenzione preventiva voluta dagli alti ufficiali dell’esercito perché alla fine “Bob” cedesse “per il bene del popolo dello Zimbabwe e per un pacifico passaggio di potere” come da  lui stesso dichiarato nella lettera presentata al parlamento nazionale con la quale ha rassegnato le dimissioni da capo dello Stato.

Con la fine politica di Mugabe sono quindi estinti i “leoni d’Africa”? Purtroppo, nonostante i titoli dei principali media di questi giorni, lo stato dell’arte è ben lontano da un simile scenario. L’elenco dei capi di stato e di governo che tutt’ora detengono il potere nel continente africano è assai lungo. Sono dodici i Paesi che su impulso più o meno coercitivo dei rispettivi presidenti in carica hanno modificato le costituzioni nazionali al fine di consentire il prolungamento del loro mandato; otto i Presidenti che governano da oltre due decenni e quattro da più di trent’anni; cinque i Capi di stato attualmente a fine mandato che hanno preannunciato la volontà di imboccare la strada delle modifiche costituzionali per ammettere una terza rielezione consecutiva; un Paese, l’Eritrea, dal 1993, anno della sua indipendenza, a tutt’oggi non ha mai indetto elezioni politiche.

Diversi osservatori e analisti politici da tempo imputano a queste situazioni una delle concause dei problemi che affliggono le popolazioni dell’Africa, cercando di sfatare altre motivazioni che continuano ad essere addotte e che seguitano ad indirizzare le strategie e le azioni di cooperazione con questi Paesi.  Anche dai sedicenti esportatori di democrazia i quali, spesso per i tornaconti che derivano loro dai traffici e dagli interessi grazie ai quali i “leoni” mantengono il potere e si garantiscono ingenti fortune immancabilmente depositate in conti bancari secretati, ben si guardano dallo sfogare le loro pulsioni democratiche in questi contesti di palese violazione di democrazia e diritti.

E’ tempo che la comunità internazionale, Nazioni Unite e Unione Africana in testa, prenda posizione ed agisca con tutta la pressione in suo potere per mettere fine ad un virus che sembra ancora colpire buona parte dei dirigenti del continente africano e così rimuovere un vero ostacolo allo sviluppo di quest’area del mondo. 

(articolo pubblicato su Repubblica.it)

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