Clima: a Parigi, forse, l’ultima chance

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Mancano poco meno di tre settimane all’apertura della 21° Conferenza ONU sui cambiamenti climatici (COP 21) che si terrà a Parigi, e le preoccupazioni per il suo possibile insuccesso crescono, proprio come i gradi centigradi della temperatura media del pianeta. Proviamo a capire un po’ di più cosa si dovrebbe fare e cosa, al contrario, si sta facendo.

La comunità scientifica prima, e a seguire le precedenti COP, quindi l’insieme e ciascuno dei Governi dei Paesi membri ONU, hanno fissato in 2°C la soglia massima di sicurezza per l’innalzamento della temperatura media nel 2050, limite oltre il quale le conseguenze negative, comunque già presenti anche entro questa soglia, avrebbero un impatto devastante per molte popolazioni e, alla lunga, per tutti noi. Infatti, ad esempio, le conseguenze di un riscaldamento globale eccessivo oltre i 2 gradi, sarebbe l’innalzamento del livello dei mari che porterebbe alla scomparsa di molte delle piccole isole del Pacifico e la migrazione forzata  dei loro abitanti; ad un arretramento di circa 60-80 metri le spiagge spagnole; alla perdita di miliardi di ettari di terreni agricoli costieri fertili e ulteriore incremento del problema del reperimento di cibo per diverse popolazioni. Le principali responsabili del riscaldamento terrestre sono, come noto, le emissioni dei cosiddetti gas serra, anidride carbonica (CO2) in testa, che dovrebbero essere globalmente ridotte, secondo gli esperti delle Nazioni Unite,  del 20% entro il 2020 e del 80% di qui al 2050. Secondo i calcoli di questi scienziati, ad esempio, l’Unione Europea dovrebbe ridurre del 60% le proprie emissioni di CO2 rispetto a quelle del 2010 mentre ad oggi, sempre a loro detta, la UE ha ridotto solamente del 27%, cioè circa la metà di quanto occorrerebbe; il Giappone sta riducendo solo del 10% e gli USA di circa il 20%.

Nonostante gli sforzi di molti altri Paesi, alcuni dei quali hanno addirittura già superato gli obiettivi fissati, è chiaro che se i Paesi maggiormente industrializzati come quelli citati sopra non faranno la loro parte, gli scenari futuri saranno drammaticamente prevedibili. A partire proprio dalla Conferenza di Parigi che, stante così le cose, si chiuderà come le edizioni precedenti con un nulla o poco di fatto. Ogni anno perso porta a grande velocità verso punti di non ritorno per i quali i tagli alle emissioni inquinanti raggiungeranno livelli temporalmente insostenibili. Se da subito non si procederà secondo i target definiti dagli scienziati ONU se non si abbandonerà rapidamente l’uso di combustibili fossili a vantaggio delle energie pulite e rinnovabili, se non si porrà fine allo sfruttamento irresponsabile delle foreste, se non si punterà su una agricoltura meno energivora ed inquinante, se ogni persona non assumerà le proprie responsabilità adottando stili di vita più sostenibili il destino del nostro pianeta sarà segnato.

La CO P 21 è forse l’ultima chance per invertire la rotta e pensare al futuro delle prossime generazioni. Andrebbe ricordato anche ad alcune case automobilistiche che in queste settimane hanno dato prova delle nefandezza di una logica del profitto sorda ad ogni richiamo di correttezza e responsabilità verso l’intera umanità.

(articolo pubblicato su Repubblica.it)

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