COP 18: ultima chance per il pianeta

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La 18° Conferenza tra le Parti sui Cambiamenti Climatici ha aperto i battenti in quel di Doha. La distribuzione dei documenti su supporto informatico, che hanno finalmente sostituito le montagna di carta che sino ad oggi venivano distribuite nelle Conferenze internazionali, e i bus navetta con propulsori a gas metano ancorché simboli di ritrovata coerenza non bastano a far volgere sul sereno il barometro delle previsioni. Tra i 17.000 partecipanti, tra delegati governativi e rappresentanti delle Organizzazioni di società civile, continua a serpeggiare un pesante pessimismo sui risultati che si potranno conseguire per fronteggiare quello che Christiana Figueres, Segretaria esecutiva della UNFCC, ha definito come la sfida per “tutti e sette i miliardi di persone che vivono sul pianeta”. Questo, ha continuato la Figueres, “è il motivo per cui ci riuniamo ai più alti livelli ufficiali in un contesto internazionale, questa è la nostra missione. Se non facciamo i cambiamenti di cui abbiamo bisogno ora, presto sarà troppo tardi. Dobbiamo decidere se lasciare che i nostri stili di vita mettano a repentaglio la nostra vita”.

Tuttavia, i Paesi industrializzati continuano a cavillare sulle condizioni alle quali garantire una prosecuzione del Protocollo di Kyoto, unico atto vincolante vigente ancorché non ratificato da alcuni Paesi grandi inquinatori come gli USA, e dal quale altri si sono sfilati di recente come nel caso di Canada, Russia e Giappone. Banca Mondiale e UNEP, oltre a tantissime ONG, hanno denunciato la catastrofica previsione di un innalzamento di 4°C che sarebbe raggiunto continuando con le attuali emissioni, ma nemmeno questo sembra smuovere a sufficienza i Paesi con maggiori responsabilità affinché assumano misure concerete e significative per contrastare i cambiamenti climatici in atto. La stessa Unione Europea avrebbe subordinato la propria disponibilità ad andare oltre gli impegni assunti di ridurre del 20% le emissioni nocive entro il 2020 a patto che “lo facciano anche gli altri”. I Paesi in Via di Sviluppo, dal canto loro, non ammettono compromessi rispetto all’ottenimento dei finanziamenti necessari a sostenere i loro programmi di mitigazione e soprattutto di adeguamento ai nuovi standard ambientali.

Intanto, il prossimo 31 dicembre il Protocollo di Kyoto giungerà a scadenza e senza un suo rinnovo, per quanto obiettivo parziale e poco ambizioso, catapulterebbe il nostro pianeta in una ennesima voragine di deregulation e porrebbe il futuro di tutti nelle mani di chi non vuole preoccuparsi anche dei propri figli oltre che pensare a soddisfare i propri interessi immediati.

(articolo pubblicato su Repubblica.it)

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