Grazie Vittorio

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Di fronte a certe tragedie, bisognerebbe lasciare spazio soltanto al silenzio affinché, ognuno nei suoi modi, faccia memoria, rifletta e si confronti con se stesso. Ma per chi come il sottoscritto ha anche l’impegno di comunicare, si impone per lo meno farlo a distanza di qualche momento. Per evitare lo sciacallaggio mediatico, per diminuire il numero di sciocchezze che si dicono in tali frangenti, per parlare una volta superato il rischio che il gossip e la notiziabilità si abbattano anche sulle tragedie come quella occorsa a Vic.

Quanto imponeva di dire la razione a caldo dopo la notizia dell’esecuzione efferata e senza nemmeno rispettare la “regola” della parola data per un ultimatum che non è stato atteso da parte degli assassini di Vittorio,  è stato detto. Lo sconcerto, la denuncia, la solidarietà e la vicinanza sono state tempestivamente e giustamente espresse da tutti. Da chi lo conosceva e condivideva questo suo particolare modo di fare la pace e da chi, come me, lavora in altre realtà e con altre modalità, ma prova profonda empatia per tutti quelli che vogliono costruire pace e difendere i diritti di tutti a partire da coloro che se li vedono quotidianamente e pesantemente negati.

E’ per questo che, oggi, voglio sottolineare come per una volta, e lo faccio con la certezza di sapermi riconosciuto come generalmente non “tenero” nei loro confronti, le istituzioni del nostro Paese sembrano essersi accorte del sacrificio di Vittorio. I gesti del Presidente del Senato Renato Schifani e di quello della Camera Gianfranco Fini che hanno voluto manifestare pubblicamente il cordoglio del nostro Parlamento, sono gesti importanti. Perché per una volta ciò e stato fatto per un volontario e per un volontario il cui operato e le cui posizioni politiche  di certo, non sono condivise da tutti gli schieramenti e le culture politiche rappresentate in parlamento.

Di fronte al sacrificio di un cittadino italiano per la pace nel mondo, anche se non indossava le mostrine di qualche reparto delle nostre forze armate, le differenze e le asprezze del confronto sono state messe da parte.  Un primo passo, chissà, verso un orgoglio nazionale ad oggi riservato solo ad alcuni delle tante, troppe morti che il nostro Paese ha pagato in questi anni nelle sue diverse presenze sugli scenari all’estero.

(articolo pubblicato su Repubblica.it)

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