Papa Francesco, Luca Casarini e il Sinodo di ottobre

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Il prossimo mese di ottobre, Papa Francesco aprirà a Roma l’Assemblea generale del Sinodo dei Vescovi. I temi, per così dire, all’Ordine del Giorno mettono in risalto una volta di più la determinazione del Pontefice di affrontare questioni e problemi della Chiesa odierna e, notoriamente, divisivi e contraddittori nel pensiero della cattolicità attuale. L’Instrumentum Laboris, il documento posto a base del dibattito assembleare, non risparmia questioni scottanti come partecipazione e autorità; l’accesso delle donne al diaconato; il rapporto con la comunità Lgbt e con i divorziati risposati; l’accoglienza dei migranti e il dovere di farsi carico delle povertà e degli impoverimenti dei Paesi dei Sud del mondo.

Già questo approccio di apertura e partecipazione si è dimostrato sufficiente a suscitare le prime polemiche indignate di chi, incollato alle panche delle chiese, non condivide quel “camminare insieme” più volte reiterato nel documento. Ancor di più ha potuto la pubblicazione dei nominativi che faranno parte della “squadra” – così definita dal Segretario generale del Sinodo, Cardinale Mario Grech – che “scenderà in campo ad ottobre”.

Saranno 360 i partecipanti con diritto di voto tra i quali, oltre a Cardinali, Vescovi e Religiosi/e, anche 15 laici e 29 laiche ed inoltre 70 cosiddetti “testimoni del processo sinodale”, scelti da Francesco tra i 140 complessivamente indicati dalle Assemblee continentali e delle altre Chiese cristiane, che seguiranno i lavori senza diritto di voto.

Nonostante il sapiente e complesso bilanciamento geografico, culturale, teologico operato nella scelta definitiva, buona parte dei media italiani hanno pensato bene di evidenziare, ognuno dal proprio punto di vista strumentalizzante, la presenza di quel o quell’altro membro dell’Assemblea per inneggiare, o denigrare, alla nomina di una rappresentanza comprensiva delle diverse anime e linee di pensiero che oggi pervadono e caratterizzano il popolo cattolico. Così, alla partecipazione del gesuita James Martin, noto fautore di apertura e dialogo con le comunità Lgtb, viene contrapposta quella del Cardinale Gerhard Muller conosciuto per la sua ortodossia dottrinale; la conta dei pro-Ratzinger viene comparata con i pro-Bergoglio; la presenza di sostenitori dell’ordinazione alle donne, come la teologa spagnola Cristina Inogés Sanchez, è assommata a quella dell’arcivescovo di Chicago Blase Joseph Cupich, contrario a chi vorrebbe negare l’eucarestia ai politici cattolici pro-choice sull’aborto.

Tanto basta per leggere su certa stampa titoli comeSinodo ad alto rischio” (Il Giornale); “No global, contestatori e pro Lgbt: al Sinodo sfilano volti poco sinodali” (La Nuova Bussola quotidiana): titoli che contrastano con quello ufficiale del Sinodo che recita “Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione”.

La determinazione di Francesco nel voler “ascoltare” la pluralità del “popolo di Dio” e il mondo di oggi, oltremodo indignando i templari dei nostri tempi, assume un carattere perentorio e una rappresentazione inequivocabile quando, per l’indignazione di molti, si scopre nell’elenco dei testimoni senza diritto di voto il nome di Luca Casarini. A questo punto, i commenti della stampa reazionaria e faziosa virano su linguaggi decisamente più facinorosi; l’indignazione dei difensori del Sacro Graal dei nostri tempi rasenta la collerica volontà di impugnare nuove armi ed armature. Ho letto molti commenti, su stampa e blog di destra, che invitano a non firmare per l’8xmille alla Chiesa cattolica (a dire il vero qualcuno incitando a non firmare per il 5xmille, ma si sa: l’ignoranza brilla da certe parti!); a non andare più a Messa; a lanciare campagne per impedire la trasformazione della Chiesa in una ONG; ecc. ecc.. Tronfi del consenso partigiano, i titolisti di importanti quotidiani hanno alzato il tiro: “Bergoglio, Casarin e il Terzomondismo a spese nostre”; “L’indagato Luca Casarini “pecorella smarrita” invitata dal Papa al sinodo sui migranti; “Il leader ONG sbarca in Vaticano”; ecc. ecc.

Al contrario, stupisce lo stupore – questa volta passa l’espressione – dei principali quotidiani “indipendenti” e di opinione nazionali: La Repubblica, La Stampa, Il Corriere della Sera, sembrano come incapaci di commentare una simile scelta, preferendo un più prudente attendismo consegnato alla pubblicazione di interviste e citazioni delle reazioni di Casarini di fronte a “tale onore”.

Avendo conosciuto e frequentato Luca in diverse occasioni, potrei facilmente incedere, anche se con molta più cognizione di causa rispetto agli hooligans di cui sopra, ad addentrarmi nel merito personale. Tengo solo a dire, per impulso etico, che Luca e le Tute Bianche sono associabili ai Black Block e alle orde violente strumentalmente infiltratesi nelle manifestazioni dei primi anni 2000 solo da chi intende semplificare la storia a fini elettoralistici ed antagonistici, o massificare, massacrare, macinare in un indistinto perbenismo qualunquista le alternative al pensiero dominante proposte dai diversificati movimenti di quegli anni.

In alcune occasioni, mi sono trovato a “trattare” con Luca e le Tute Bianche. Come ad esempio per la più grande manifestazione nazionale mai organizzata nel nostro Paese, quando portammo 2 milioni di italiani a Roma per condannare l’entrata in guerra in Iraq voluta dal Governo Berlusconi, e il famigerato G8 di Genova della Diaz.  Sarà perché con molti movimenti cattolici, per quel G8 del 2001 decidemmo di promuovere, nella stessa Genova, un evento di massa ospitato dal Cardinale Tettamanzi: sarà perché, spesso, mi vengono riconosciuti e affibbiati ruoli di tessitura e mediazione; sarà perché convinto dell’importanza dei “pontieri” nella soluzione di conflitti e contrapposizioni; posso testimoniare la coerenza e l’intelligenza di Luca dimostrate anche nelle sue forme antagoniste e pur con il suo linguaggio estremo.  Anche oggi, da attivista della Mediterranea Saving Humans soccorritrice delle vittime migranti del Mare nostrum; scegliendo ancora il metterci la faccia e la vita; optando per una coerenza probabilmente apprezzata da Francesco.

Ma, appunto, il resto lo lascio malvolentieri a chi strumentalizza “l’operazione verità” che papa Francesco intende promuovere con il Sinodo di ottobre. Preferisco schierarmi con coloro i quali ricercano una fede e una Chiesa ricongiunta con gli scismi sommersi e le fatiche quotidiane vissuti dal suo popolo.

Confondere dialogo e sincretismo; identità e arroccamento; partecipazione e pusillanimità; ascolto e incedimento; magistero e dogmatismo; è un approccio subdolo e che non mi appartiene. Come non mi è proprio sentenziare a priori; stigmatizzare gli errori del passato; non concepire la possibilità di riscatto; evocare l’immutabilità delle scelte; schierarsi per partito preso. Tanto meno, annichilire il pensiero dentro luoghi comuni e pregiudizi di parte che, nella religione come nella società, sono creati, diffusi e instillati nelle persone ai fini di manipolazioni neurali e appiattimenti di convenienza.

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