Pericolo rifugiati: un’enorme “fakenews”

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Ieri, come ogni anno il 20 di giugno, si è celebrata in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Rifugiato, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con la Risoluzione 55/76, approvata il 4 dicembre 2000 in occasione del 50° anniversario della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati.

Come ogni anno, per tale occasione, diversi centri di ricerca e società demoscopiche diramano i dati relativi a questo fenomeno globale, utili a comprendere la realtà ed evitare i condizionamenti di una comunicazione, della politica e dei suoi media, facinorosa, strumentale e falsata.

Per citare qualche numero dei tanti rilevati, l’UNHCR – ovvero l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati – rileva come nel mondo il 73% dei 123.2 milioni di rifugiati sono ospitati da Paesi a basso e medio reddito e non, come si vuole far credere, in quelli “ricchi” come Italia e Paesi europei che, a detta di qualcuno, sarebbero oggetto di una “invasione” o addirittura di una neo colonizzazione cultural-religiosa.

Ancora, la stessa agenzia ONU informa che il 67% delle persone costrette per motivi di forza maggiore (guerre, fame, persecuzioni, violazioni di diritti, carestie, calamità ecc,) ad abbandonare la propria abitazione e zona di residenza rimane all’interno del proprio Paese. Così nella Repubblica Democratica del Congo dei 7.8 milioni di rifugiati totali, 8 su 10 rimangono all’interno dei confini nazionali. Oppure, i 2,8 milioni di rifugiati del martoriato Sudan sono fuggiti in Ciad (1.1 milioni), in Egitto (603mila) e perfino nel confinante poverissimo del Sud Sudan (488mila).

Dimenticavo, a proposito dei rischi di invasione da parte di pericolosi terroristi e famigerati criminali: il 50% di questa schiera di dannati è costituito da donne per il 40% in età minorile!!

Tuttavia, la propaganda di chi insiste nel dipingere scenari apocalittici e nell’attribuire ogni male del nostro Paese a questi poveri cristi, per lo più costretti a lasciare tutto dall’egoismo irresponsabile della sparuta minoranza di noi privilegiati, condiziona gli italiani al punto che il 70% di essi ritiene che in Italia siano presenti troppi immigrati e che l’insicurezza sia in aumento a causa della loro presenza (ricerca CESPI e Cluster 17). Ciò, nonostante i dati di tutti i rapporti statistici sulle carceri italiane, a partire da quelli regolarmente aggiornati di Antigone e Caritas italiana, dimostrino la falsità di questa teoria alimentata da un’informazione selezionata per altri fini.  

Eppure, con qualche sollievo, ancora UNHCR rileva che il 67% dei nostri concittadini pensa che li Governo dovrebbe assumere maggiore impegno nei confronti dei rifugiati, allineandosi con la maggioranza dei cittadini degli altri Paesi UE; che il 49% degli italiani è convinto che i rifugiati riusciranno ad integrarsi nei Paesi di accoglienza a patto che, come pensa uno straordinario 86% di compatrioti (CESPI e Cluster17), si rivedano le politiche di integrazione ritenute “inefficaci”. A proposito: potrebbe giovare alla maggioranza degli italiani che si dichiara cattolica prendere ad esempio la nomina del sacerdote rumeno Benoni Ambarus a Vescovo di Matera voluta da papa Leone XIII.

Le migrazioni, i rifugiati, gli sfollati, gli espatri, sono fenomeni connessi alla globalizzazione della vita in tutto il pianeta sia nei suoi aspetti positivi come nelle vergognose conseguenze della sua logica di sfruttamento di molti a vantaggio di pochi. Lo ha capito il 60% degli italiani (dato UNHCR) che manifestano contrarietà alla chiusura delle frontiere sbandierata da qualche nostro politico come panacea di tutti i mali.

La per certi versi contraddittorietà che emerge da questi rapporti può ancora una volta essere strumentalizzata, distorta, piegata a fini diversi, utilizzata per propaganda. Oppure vista come occasione che ancora si presenta per ribaltare diametralmente i criteri di scelta personali e collettivi orientandoli al rispetto di ogni essere umano, di ogni persona, di ogni individuo che tutti indistintamente giurano essere al centro di tutte le decisioni.

Forse, per qualcuno, solo a parole.

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