Vizi e vezzi comuni di vincitori e vinti

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Un popolo dovrebbe capire quando è sconfitto”. La frase pronunciata da “Quinto”, il generale comandante della Guardia Pretoriana e amico di Massimo Decimo Meridio all’inizio del celeberrimo film “Il Gladiatore”, potrebbe valere oggi, all’indomani dei fallimentari referendum voluti dalla CGIL e sostenuti da buona parte delle forze del centrosinistra.

Cercare un’improbabile positività nei tremendi risultati registrati nel fine settimana citando il numero assoluto di votanti che avrebbe superato quello degli elettori della Meloni, a prescindere dalla differenza tra una consultazione referendaria e le elezioni politiche di tre anni orsono, sembra essere il preludio ad una catastrofe ben più definitiva. Esattamente come ne “Il Gladiatore”, l’esito dell’ultimo disperato attacco all’avversario vincitore finisce in una disfatta totale degli ultimi militi-anti.

Anche perché, per dirla tutta, che sulla cittadinanza pure un terzo dei votanti abbia rigettato la proposta di modificare la legge altro non fa che aggravare la sconfitta e porre un problema ulteriore ai leader del centrosinistra e all’intero Paese.

Oggi così. Tuttavia, il reiterato, insopportabile e ridicolo vezzo di non riconoscere ed ammettere le sconfitte vale per politici di ogni razza, colore, partito o appartenenza. Alternativamente. A seconda degli esiti delle consultazioni elettorali del caso.

Un vizio che va di pari passo con quello bipartisan di fare affermazioni e dichiarazioni esattamente opposte a quelle di qualche mese o anno prima. L’infinita casistica porterebbe ad escludere la citazione di esempi, che risulterebbero completamente inutili a fronte del repertorio memorizzato da ciascuno di noi. Tuttavia, non resistendo alla tentazione, ne riporto due degli ultimi talmente distanti tra loro e contemporaneamente talmente analoghi che credo possano bastare. Quanto meno per farci sopra una meditazione. Purtroppo non una risata, come a qualcuno piace.

Mi riferisco all’impegno solenne preso in campagna elettorale dal Presidente Trump di far cessare la guerra russo-ucraina in una settimana e a quello preso dal Sindaco di Como di risolvere in pochi giorni la gabola che da mesi riguarda la costruzione di nuovo stadio di calcio cittadino.

Vale tutto e il contrario di tutto. Si può affermare tutto e tutto il contrario. Si può continuare a lucrare sulla smemoratezza degli elettori, italiani in primis. Credo tuttavia folle che si seguiti a comportarsi come venditori da fiera paesana, anche in casi come quelli sopra citati.

Anche perché, ritengo che domenica e lunedì scorsi abbiamo perso tutti. Hanno perso i promotori e i boicottatori dei referendum. Ha perso il nostro Paese. Ha perso la nostra democrazia. E qualcuno ha anche perso la dignità e tradito il ruolo affidatogli da quello stesso popolo che, per il 70%, in questi giorni non è andato a votare. Scelta legittima? Certamente. Scelta politica? Speriamo! Scelta opportuna? Credo proprio di no.

Personalmente ho votato credendo indecente l’invito a disertare e non esercitare un diritto/dovere di cittadino. Che venga da destra, come in questa occasione, da sinistra, come nel caso del referendum del 2003 per estendere l’articolo 18 alle piccole imprese promosso dall’allora Segretario Bertinotti, o da Presidenti del Consiglio si chiamino essi Matteo Renzi (2016) o Giorgia Meloni (2025).

Tutti costoro non si dovrebbero permettere di ritenere la delega ricevuta dagli elettori una cambiale in bianco senza ipoteca. Tutti farebbero bene a preoccuparsi all’unisono del cancro che ogni giorno che passa estende le sue metastasi ad un corpo democratico malato che potrebbe progressivamente arrendersi di fronte alla definitiva scomparsa dell’ultimo scampolo di partecipazione e di cittadinanza attiva che rimane in questo nostro tempo. Anche in questo nostro Paese.

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