L’ Europa, Ventotene e la Premier italiana

Rileggere un testo scritto decenni orsono e darne un’interpretazione senza la doverosa contestualizzazione è sintomo di ignoranza. O quanto meno di volontà strumentale per piegarlo a interessi particolari. Ancor di più, se la frase estrapolata è isolata da spiegazioni, motivazioni, commenti e perfino rettifiche del suo autore ovviamente ignorate e omesse.

Ciò che la Premier Meloni ha fatto ieri in Parlamento citando un passo del Manifesto di Ventotene, uno dei pilastri culturali e politici su cui verrà basata qualche anno dopo la casa europea, sa molto di questo. Perché operazioni analoghe malauguratamente riempiono la storia e ripetutamente ripropongono errori similari. Perché ignobile leggere le pagine di quello scritto senza collocarle in un inverno, quello del 1940-41, reso ancor più gelido e tetro dall’invasione dell’Italia e di gran parte dell’Europa da parte delle truppe hitleriane; dall’aver compreso che milioni di figli sarebbero andati a morire per il delirio fascista del joker- dittatore; dall’essere confinati in un isolamento repressivo per idee e prospettive distoniche con il pensiero unico regnante; dall’esasperata volontà di tenere acceso, seppure clandestinamente, un barlume di ribellione al violento annientamento delle libertà.

Gli europei intellettualmente onesti che sostengono, a ragione, come le radici dell’Europa affondino nei principi e nei valori cristiani di certo non vorranno farlo citando passaggi biblici e persino evangelici che, presi alla lettera, sarebbero oggigiorno tutt’altro che comprensibili. Tanto meno ammissibili. Fatto salva la non appartenenza a qualche formazione fondamentalista o ad alcune sette integraliste.

Molti degli ostacoli che ancora si infrappongono ad un proficuo dialogo interreligioso e interconfessionale sono posizionati proprio da chi ancora ripudia esegesi attualizzate di scritti, ancorché ispirati da volontà divina, che narrano l’origine dell’umanità come legata alle vicende di un uomo creato da divina salivazione, successivamente congiuntosi con un’animazione vivente della sua gabbia toracica.  Sarebbe come porsi l’alternativa se rinunciare ad un’interpretazione attualizzata di alcuni brani inseriti nelle “Sacre Scritture” o espellerli da quelli riconoscibili come ispirati dall’alto e degni di sequela. Si porrebbe il problema della recita tutt’ora consigliata di uno dei Salmi biblici. Quel Salmo 136 a volte pudicamente decurtato del suo ultimo versetto “Figlia di Babilonia devastatrice, beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli e li sfracellerà contro la pietra.” Si avvallerebbe l’idea di un Gesù guerrafondaio venuto “non per portare la pace sulla terra, ma per portare la spada” (Vangelo secondo Matteo cap. 10,34), figlio di un Dio altrettanto bellicista che rassicura il suo popolo su come “I vostri nemici cadranno davanti a voi colpiti di spada” (Levitico cap. 26,7), altrettanto sanguinario da promettere “Inebrierò di sangue le mie frecce, si pascerà di carne la mia spada, del sangue dei cadaveri e dei prigionieri, delle teste dei condottieri nemici!” (Deuteronomio cap.32,42).

Il sentimento di indignazione provato di fronte alla pedissequa applicazione “alla lettera” di Testimoni di Geova che lasciano morire i propri figli ed essi stessi per non contravvenire il precetto che vieta le trasfusioni di sangue, non può coesistere con la strumentalizzazione del pensiero di padri fondatori dell’Europa fatta per di più da una Presidente del Consiglio dei Ministri della nostra Nazione; non con la fanatica difesa d’ufficio di beoti lacchè; non con il procedere per slogan, urla, bagarre, risse provocate ad arte dentro un emiciclo ridotto ad arena di combattimento da una politica ignorante della storia, opportunisticamente fantina della pari ignoranza di chi pronto ad accodarsi vociante alle incitazioni del proprio capo tifoseria senza nemmeno preoccuparsi di guardare la partita in campo. Senza neppure averlo mai letto quel Manifesto. Tanto meno concretizzato.

Piuttosto che rifarsi a celti e vichinghi, invece di difendere supposte tradizioni culturali, al posto di accondiscendere alle adunate braccio-tese, ci si convinca che i tanto evocati principi e la cultura “dell’occidente” e “dell’Europa” sono figli di quei padri che li hanno difesi a prezzo della vita. Basta questo per portar loro onore e riconoscenza. Quanto meno da parte di chi deputato a farsi carico del futuro di questo nostro Paese.  

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