Coltan, rame, litio e …. migranti: gli sporchi affari con il Rwanda

Oltre 4mila morti, 650mila sfollati, un numero imprecisato di dispersi e 21milioni di persone bisognose di aiuti umanitari. Questi i numeri della guerra che si sta combattendo nella regione del Kivu, zona est della Repubblica Democratica del Congo – RDC.

L’insopportabile leggerezza dell’informazione”, come la definì anni orsono il gesuita padre Simone S.J. dalle pagine de “La civiltà cattolica”, è quasi del tutto indifferente tutto ciò. Completamente, o quasi, assorta dalle notizie, anche quelle marginali e gossippare, che riguardano i conflitti che interessano noi. Nel senso che provocano, o rischiano di provocare, impatti sul nostro quieto vivere, sui nostri portafogli, sui nostri conti in banca.

Gli effetti, al contrario, delle nostre depredazioni, dei nostri sfruttamenti, furti legalizzati, commerci illeciti, truffe e affari grondanti sangue non hanno neppure due righe di accoglienza sui mezzi di informazione. Lodevoli, rarissime, eccezioni a parte. Anche quando i protagonisti, più o meno occulti, di questo dramma umanitario sono gli stessi che giocano a un crudele, sanguinario, quanto tragicamente vero risiko in altre regioni del mondo. Perché dietro quei morti, ad armare le mani di centinaia di bambini soldato, a consentire l’assassinio di migliaia di civili e innocenti, a trarre profitti anche dal conflitto congolese ci sono gli stessi paladini dell’ordine, della pace e della democrazia continuamente monitorati, commentati, intervistati, osannati e difesi o biasimati e accusati.

Le forze “ribelli” del movimento armato M23, dopo aver conquistato manu militari Goma, la capitale di quella ricchissima regione patria di milioni di poverissime persone, ieri hanno preso il controllo dell’aeroporto di Bukavu, la seconda cittadina del Kivu. Il passo per avere il pieno controllo anche della città e, quindi, dell’intera regione sembra essere breve. Anche per questo, e sempre senza notizia alcuna sui nostri media, ipocritamente schierati per un’informazione obiettiva, oggi si è aperto un vertice ad Addis Abeba per tentare in extremis di impedire che il conflitto in atto dilaghi coinvolgendo altri Paesi dell’area centrafricana.

Le materie prime, le terre rare e i minerali preziosi che abbondano in quella terra martoriata, checché se ne dica e nonostante le ridicole giustificazioni di questo o quell’altro capo di Stato coinvolto, sono il movente inequivocabile che da decenni spinge le potenze occidentali ad affrontarsi nel cuore dell’Africa. Così come sono altrettanto il vero interesse dei programmi, dei finanziamenti, degli appoggi, delle forniture di armi e di intelligence militare a un leader criminale come il generale Paul Kagame, da 25 anni (!) alla presidenza della Repubblica ruandese. Un “signore” che, tra le altre, per mantenere il potere ha modificato due volte la Costituzione, ovviamente a suo uso e consumo; è stato riconosciuto da tutti i governi occidentali – gli stessi indignati per l’elezione di Maduro in Venezuela – nonostante il ridicolo risultato elettorale dell’ultima tornata dello scorso anno nella quale è stato rieletto con il 99,15% dei suffragi, migliorando il risultato del 2017 dove ottenne “solo” il 98,8% dei voti; per il quale gli USA di tutti gli ultimi Presidenti, nessuno escluso, hanno dispiegato dollari, armi, istruttori militari, progetti di cooperazione, accordi economici a contrasto dell’avanzata colonizzatrice cinese e per il mantenimento dell’egemonia economico-commerciale nella regione.

Un “signore” amico dell’Europa. L’Unione Europea che – cito testualmente da ISPI – “ha pagato alle truppe ruandesi 20 milioni di euro per salvaguardare il complesso TotalEnergies, di proprietà francese, in Mozambico. E solo un anno fa, Bruxelles ha firmato con Kigali un memorandum d’intesa (MoU) sulle catene del valore delle materie prime sostenibili per un valore di 900 milioni di euro”; con il quale la Gran Bretagna ha tentato un accordo per l’invio dei propri migranti clandestini, nel più bieco stile da colonia penale d’altri tempi.

Dimenticavo: un “signore” che, a due anni dalla presa del potere, ha pensato bene di consolidare la sua ascesa sterminando 200mila civili assiepati nei campi profughi allestiti in Tanzania dopo il genocidio del 1994, ma del quale si elogiano le capacità di aver portato il Paese a una crescita del 7% annuo ….. omettendo il dato del debito pubblico, cioè dei prestiti copiosamente ottenuti, salito al 70% del PIL, al pari delle origini di siffatto miracolo economico. Come per altri noti, sembra ancora riecheggiare quell’idiota “però ha fatto anche cose utili!”

Appoggi, accordi e finanziamenti che hanno consentito al Rwanda di inviare 4mila militari nella regione del Kivu dalla quale, ormai notoriamente, il regime di Kigali contrabbanda coltan, cobalto, rame, litio e oro spacciandoli come propri e poi rivenderli alle multinazionali, il colosso “Apple” in primis, dei Paesi sviluppati. I quali, guarda caso, ignorano le richieste di embargo avanzate da anni da molte organizzazioni umanitarie e dalla perseguitata opposizione interna al Paese. Un’opposizione esigua, i cui leader, spesso, trovano rifugio nel vicino Mozambico da dove spariscono, in circostanze oscure e con frequenza elevata. Tanto per non perdere il vizietto.

Al vertice di Addis Abeba apertosi ieri, il Segretario Generale ONU Antonio Guterres ha affermato che “I combattimenti che imperversano nel Sud Kivu, a seguito della continuazione dell’offensiva dell’M23, minacciano di spingere l’intera regione oltre il precipizio”. Credo profondamente ingiusto, eticamente errato, politicamente scorretto, umanamente inaccettabile pesare il valore della vita con il numero di vittime provocate da uno o dall’altro conflitto; le responsabilità dei seminatori di morte con la lunghezza della scia di sangue lasciata dietro di loro.

Ogni e tutte le guerre sono orrende. Ogni e tutte le vite umane sono sacre. Allo stesso modo.

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