Violenze in città: le misure repressive non bastano

L’incendio scoppiato ieri allo skatepark in disuso del centro sportivo “Toto Caimi”, è l’ennesima occasione che, nelle pieghe, fa discutere dei giovani e di loro comportamenti deviati. Questa volta, così sembra dalle valutazioni dei Vigili del Fuoco intervenuti a sedare l’incendio, non come causa dell’incidente provocato da un cortocircuito, ma in quanto frequentatori abusivi del ricovero abbandonato presente nella struttura.

Come per i precedenti episodi, questa volta si provocati da comportamenti violenti di giovani residenti in città, non si fanno attendere le reazioni delle parti danneggiate: commercianti ed esercenti del centro per piazza Garibaldi, i dirigenti delle società sportive per il Toto Caimi. Reazioni comprensibili, giustificate e condivisibili che, tuttavia, vertono unicamente su richieste di maggiori controlli, maggiore intransigenza e più ferrea severità punitiva. Anche questo, va detto, comprensibile e giustificato, ma assolutamente insufficiente.

Telecamere – peraltro già copiosamente istallate in città e anche al centro sportivo, tanto da avere registrato eloquenti immagini incomprensibilmente sottovalutate – presidi, ronde, taser e quant’altro, temo (ahinoi) non basteranno a prevenire il ripetersi di nuovi incidenti. Neppure le invocate “zone rosse” che, sinceramente, vorrei chiedere ai noti difensori dell’ordine pubblico perché ipotizzate per i centro città – compresa la nostra piazza Garibaldi – e non per altri luoghi reiteratamente e risaputamente frequentati da individui altrettanto pericolosi come le “curve” degli stadi o le “Acca larentia”. Purtroppo, nemmeno gli utili “informagiovani” di certo non frequentati dai fautori dei disordini registrati in città.

Il disagio giovanile, compresi i suoi ascessi violenti, è ormai chiaro come anche a Cantù abbia assunto dimensioni preoccupanti. Problemi di questa portata, ribadendo la convinzione circa l’insufficienza di approcci repressivi e rimedi “manu militari”, richiedono un impegno corale della cittadinanza; impongono un’attivazione di politiche attive di prevenzione, recupero, inclusione delle marginalità; superano la passività della delega ad altri interrogandosi sul cosa ognuno di noi possa fare. A partire dalle organizzazioni di società civile cittadine. La disponibilità da esse manifestata con un documento propositivo pubblicato già dai fatti di piazza Garibaldi a giugno 2024, da un lato deve essere fortemente ribadita in questi nuovi frangenti e, dall’altro, accolta, valorizzata e sfruttata dalle istanze pubbliche; dagli organi collegiali in essere, a partire dalla “Consulta sulla sicurezza urbana e legalità”; da quelli come la “Consulta giovani”, che occorrerebbe urgentemente riattivare; con una determinazione e una convinzione decisamente superiori a quanto sino ad oggi constatato.

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