Bilancio comunale: occorre “gettare il cuore oltre l’ostacolo”
Nella seduta pre-natalizia del Consiglio comunale cittadino, si è riaperta la querelle sui criteri e la metodologia utilizzati dall’attuale Giunta per la composizione del Bilancio preventivo per il 2025. Anche a Cantù, come ormai consuetudine nella gestione di questo delicato passaggio ad ogni livello e grado dell’ordinamento pubblico nazionale, le opposizioni di turno hanno presentato emendamenti, proposte e rimostranze che la maggioranza nemmeno considera, rispendendole indiscusse al mittente.
Non voglio qui entrare nel merito di questo vulnus democratico, da qualunque parte esso sia favorito – ed ammesso e non concesso che l’obiettivo condiviso sia il bene della comunità – che impedisce l’irrinunciabile e fruttifero confronto tra chi al governo e che sui banchi di minoranza. Piuttosto, provocare le istituzioni canturine, tutte, affinché “gettino il cuore oltre l’ostacolo” modificando radicalmente il percorso, la metodologia e il cast degli attori coinvolti in questo delicato e improbo esercizio annuale.
I tagli imposti alle Amministrazioni locali, è cosa nota, sono ormai una costante delle ultime Leggi di Bilancio dello Stato. Da anni, tutti gli Enti locali, indipendentemente dalla loro appartenenza politica e dal loro assemblaggio elettorale, devono fare i conti con questa scellerata prassi. Tutti evocano a ragion veduta la metafora della “coperta corta”. Trattasi della risultanza di una governance centralista, statalista, autoritaria (nel senso etimologico del termine), decisionista che sembra vieppiù accomunare l’intero arco costituzionale. Dai fautori del decisionismo leaderista ai sostenitori del localismo; dai paladini dell’autonomia, ai partigiani della partecipazione diffusa. Alla luce della storia recente, non dei proclami dai banchi capitolini, nessuno ha optato per quell’inversione di tendenza necessaria per riconoscere agli Enti e alle comunità locali il protagonismo insostituibile nei processi di sviluppo dei territori, quindi dell’intera nazione.
Al di là del merito, nel quale si potrà entrare solo a dettagli condivisi, la “colpa” imputabile alla nostra Amministrazione locale è quella di stare dalla stessa parte di coloro che occupano Palazzo Chigi e via XX Settembre, 97 a Roma avendone adottato i medesimi comportamenti. Situazione che, alternativamente nel tempo e nei luoghi, tocca o è toccata a tutte le forze politiche le quali, agendo analogamente, devono mettere in conto di beccarsi a torto o a ragione gli improperi e le accuse di chi schierato in campo avversario.
Nessuno ha ricette magiche. Tanto meno il sottoscritto ne vuole propinare. Altresì sono convinto, sulla base degli ottimi risultati conseguiti in centinaia di Comuni e in qualche Provincia italiana, che tentare la via del Bilancio partecipativo, o partecipato che dir si voglia, potrebbe dare una svolta decisiva, funzionale e soprattutto foriera di imprevedibile responsabile creatività nella ricerca delle non facili soluzioni applicative. Dal punto di vista della rigida logica dei numeri così come, sicuramente e ancor più, dall’angolatura di una cittadinanza responsabilizzata delle scelte e delle conseguenze sul proprio futuro.
Le leggi che lo prevedono esistono. La stessa Presidenza del Consiglio lo incoraggia. Le metodologie adottabili sono molteplici e ormai consolidate e i professionisti in grado di facilitare il percorso sperimentati. I tempi per predisporlo sono oggi compatibili con l’esercizio preventivo per il 2026. Il coraggio e la lungimiranza di un nuovo modo di fare le cose per la nostra Città restano ancora in cerca di cittadinanza tra gli scranni di Piazza Marconi per ora rinnovati solo nel loro look architettonico.