Firma anche tu per una maggior giustizia fiscale
L’incontro dei Ministri delle Finanze dei G20 – i 20 Paesi più industrializzati nel mondo – si è concluso con un documento che compie due passi fondamentali verso una maggiore giustizia sociale e fiscale. Il documento per la fondazione della Alleanza Globale contro la fame e la povertà e l’accordo per introdurre una tassazione sui patrimoni miliardari degli ultra-ricchi sono i segnali che da tempo le organizzazioni di società civile e i movimenti sociali del Nord e dei Sud del mondo andavano chiedendo.
Richiesta che viene da molto lontano. Da quando, correva l’anno 1972 (!), James Tobin, già consulente del Presidente Kennedy e poi premio Nobel per l’economia nel 1981, propose l’introduzione di una tassazione tra lo 0,001 e lo 0,1% sulle transazioni finanziarie speculative a breve termine operate sui mercati globali, per lo più da miliardari arricchitisi con le cosiddette “operazioni di borsa”. Una tassa minimale che avrebbe riscosso un gettito di oltre 700 (!) miliardi di dollari utilizzabili per finanziare la spesa sociale e la lotta alle disuguaglianze e alle tragedie umanitarie come la fame nel mondo. Immediatamente sposata, seppur con qualche aggiustamento del caso, da una pletora di organizzazioni non governative, la cosiddetta “Tobin tax” venne chiesta, proposta, reclamata, invocata in nome del principio fondativo quanto sacrosanto di qualsivoglia assetto democratico che non può che prevedere una fiscalità progressiva sulla base della ricchezza posseduta.
Le critiche, le obiezioni, le puntualizzazioni e le vere e proprie opposizioni all’introduzione di questo meccanismo di giustizia fiscale, sebbene si siano infrante contro eminenti pareri di esperti, istituzioni economiche indipendenti, scienziati e premi Nobel dell’economia, in testa a tutti Joseph Stiglitz che ne propose importanti aggiornamenti, hanno ancora oggi impedito di inserire una misura fondamentale per il controllo dei mercati occulti, delle operazioni condotte al di fuori di qualsiasi controllo e capaci di destabilizzare le economie di intere nazioni e strumentalmente piegare ai profitti di pochissimi paperoni i mercati internazionali. Ultramiliardari che, giusto per dare un’idea, nel corso di tre decenni hanno triplicato i loro guadagni detenendo oggi il 9,2% del PIL mondiale.
Anche per questo la decisione del G20, riunito a Rio de Janeiro sotto la presidenza del Governo Lula, rappresenta un fatto inedito quanto significativo. Per la prima volta, infatti, l’adozione dell’ennesimo piano per sconfiggere fame e povertà nel mondo, impegno già assunto altre decine di volte senza che nulla o quasi venisse poi concretizzato, questa volta è associato ad una proposta concreta e una visione netta: tassare, seppur in misura minimale, i super-ricchi e così disporre delle risorse necessarie per poterlo fare.
Infatti, prevedendo una aliquota del 2% sui patrimoni miliardari, come proposto dal Ministro delle Finanze brasiliano al vertice di Rio, il gettito complessivo ammonterebbe ad una cifra compresa tra i 200 e i 250 miliardi di dollari. Più di cinque volte di quanto stanziato nel 2022 dalle 10 principali banche internazionali per i programmi di lotta alla fame e alla povertà.
In Italia? A conti fatti, e evitando di entrare nelle tecnicalità delle varie ipotesi in campo, applicando un’aliquota del 0,5% ai patrimoni eccedenti i 2,5 milioni di Euro si raccatterebbero 15 miliardi di Euro da investire in sanità, istruzione, transizione ecologica, contrasto alle povertà, ecc..
Sapendo che ora tutto sarà nelle mani dei capi di stato e di governo che si riuniranno a novembre nel Summit G20, ambito nel quale potrà essere adottata la proposta del vertice finanziario appena concluso, vale la pena sottolineare come, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la contribuzione dei ricchi al bene comune risale al principio di solidarietà erroneamente imputato in maniera esclusiva ad una cultura umanitaria. La solidarietà, invece, è uno dei tratti fondamentali della democrazia compiuta, tanto da costituire uno dei principi fondamentali della Costituzione italiana. In altre parole, qui il “buonismo”, l’altruismo e la carità non c’entrano nulla. Le democrazie hanno nella progressività fiscale uno dei tratti fondanti e irrinunciabili al quale nessun privilegiato, tanto meno quelli che lo sono per fortuna accumulata, può sottrarsi.
Del resto, e per non fare di ogni erba un fascio, già in occasione dell’incontro del ghota internazionale annualmente organizzato a Davos, ben 260 miliardari hanno sottoscritto una lettera inviata ai leader mondiali con la quale si dichiarano disponibili ad essere sottoposti ad una extra tassazione in funzione di un utilizzo “umanitario” del gettito conseguente.
Alla loro accreditata voce, si tratta ora di unire quella di molti altri e così, in tradytione simboli, esercitare la pressione dell’intera società civile mondiale sul G20 di novembre. Con questo intento, organizzazioni di società civile europea hanno predisposto una piattaforma per raccogliere le firme di singoli cittadini a supporto della proposta.
Sottoscriverla costa nulla, ma potrebbe cambiare le sorti di milioni di individui condannati a vivere nella disumanità di un mondo sempre più idolatra seguace di mammona.