La maternità surrogata non è argomento da talk show

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Le problematiche complesse e eticamente fondamentali come quella relativa alla maternità surrogata e alla genitorialità non possono essere trattate in talk show di pochi minuti. Soprattutto se come in questi giorni, in nome della ricerca spasmodica dell’audience televisiva, si invitano a discuterne posizioni radicalmente opposte e, spesso, più improntate al populismo piuttosto che al veritiero approfondimento del problema a vantaggio della costruzione di opinioni personali e quanto più possibile circostanziate.

Se, poi, tutto ciò accade ad una trasmissione moderata da una giornalista nota per il suo schieramento cultural-politico, come nel caso della nota conduttrice Lilly Gruber eletta parlamentare europea nelle file del PD e poi, per la cronaca, dimessasi soltanto poche ore dopo la sua elezione, alla quale vengono invitati i talebani della destra reazionaria, come nel caso del giullare del Governo attuale Italo Bocchino, non solo si fa un disservizio all’informazione, ma si rischia anche di avvallare le semplificazioni idiote del più becero populismo che, notoriamente, prevale in questi frangenti. Quindi, di lanciare un poderoso boomerang o, per dirla alla francese, di tirarsi un randello sui maroni.

Questioni etiche e morali come queste, abbisognano di spazi, modalità e tempi di dibattito seri e congrui con quello che ritengo dovrebbe essere la funzione principale dei media di massa: fornire ai cittadini elementi utili e non futili per crearsi una libera, seria opinione.

La “insostenibile leggerezza dell’informazione”, tanto per riprendere un’accusa di padre Simone all’epoca autore della rivista “La Civiltà Cattolica”, rimane un ostacolo a quanto pare insormontabile per un percorso serio di educazione civica e di consapevolizzazione delle persone in questo nostro Paese.

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