Baratto amministrativo: una buona pratica di governo locale

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La Legge 164 del 2014, ha istituito il cosiddetto “Baratto amministrativo”. Con l’articolo 14 di questa Legge, conosciuta dai più come “Decreto Sblocca Italia”, il legislatore ha ammesso la possibilità, a determinate condizioni stabilite da apposito regolamento adottato dalle Amministrazioni locali, di corrispondere l’ammontare di alcune Tasse comunali mediante la prestazione di lavoro e/o la realizzazione di opere di interesse pubblico da parte di cittadini singoli o in forma associata.

Con la successiva istituzione dell’Albo dei Comuni aderenti, la pratica del baratto amministrativo ha assunto un vero e proprio carattere di registro di una delle categorie virtuose del nostro ordinamento statale al pari ad esempio, dell’Albo dei Comuni virtuosi che hanno avviato centri di riuso di materiali prima conferiti nelle discariche pubbliche.

Di questi giorni la notizia che il Comune di Verbania ha nuovamente confermato la validità del suddetto Regolamento comunale. Va a capire perché Verbania, quando dal 2014 sono numerosi gli Enti Locali che hanno aderito a questa buona pratica e non da ultimo, per rimanere nel nostro territorio, il Comune di Vertemate con Minoprio a partire dal 2016.

Gli esperti di diritto hanno definitivamente sancito il ricorso al baratto amministrativo come modalità di amministrazione fortemente corrispondente al dettato e allo spirito costituzionale in virtù della sua valenza di pratica promotrice di un rapporto di sussidiarietà orizzontale tra amministrazione pubblica e privati cittadini.

Tutta la giurisprudenza, infatti, concorda sul fatto che oltre all’inevitabile rapporto sinallagmatico (cioè di mera corresponsione economica parametrata su un “do ut des” tra tasse non pagate e lavoro svolto – n.d.r.), questa forma di relazione tra pubblico e privato comporta, quando interpretata appieno, un coinvolgimento del cittadino o delle sue forme associate nella gestione della “cosa pubblica” e nella promozione dei beni comuni, nonché un’azione condivisa tra Amministrazione e cittadino di promozione di una cultura di partecipazione, di cura del territorio e di collaborazione fattiva nella amministrazione del patrimonio comunale.

Il citato articolo 24, infatti, recita: “I comuni possono definire con apposita delibera i criteri e le condizioni per la realizzazione di interventi su progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione al territorio da riqualificare. Gli interventi possono riguardare la pulizia, la manutenzione, l’abbellimento di aree verdi, piazze, strade ovvero interventi di decoro urbano, di recupero e riuso, con finalità di interesse generale, di aree e beni immobili inutilizzati, e in genere la valorizzazione di una limitata zona del territorio urbano o extraurbano. In relazione alla tipologia dei predetti interventi, i comuni possono deliberare riduzioni o esenzioni di tributi inerenti al tipo di attività posta in essere. L’esenzione è concessa per un periodo limitato e definito, per specifici tributi e per attività individuate dai comuni, in ragione dell’esercizio sussidiario dell’attività posta in essere. Tali riduzioni sono concesse prioritariamente a comunità di cittadini costituite in forme associative stabili e giuridicamente riconosciute”.

 Una corretta interpretazione di quanto legiferato, porta indubbiamente a sottolineare come in tale pratica prevalga la soggettività del cittadino al quale si riconosce la possibilità di presentare progetti per la riqualificazione del territorio. Riconosce, cioè, un ruolo propositivo, di governo partecipato e di cultura diffusa della gestione del patrimonio che va ben al di là del mero rapporto di corresponsione economica del mancato pagamento di tasse e tributi comunali contemplando addirittura la possibilità di una esenzione su tributi futuri “in ragione dell’esercizio sussidiario posto in essere”.

Volessimo fare un po’ i “fighi”, potremmo senza dubbio affermare che il baratto amministrativo è un caso emblematico della logica “win-win in quanto ne beneficiano: l’Ente locale, facendo cassa, recuperando crediti e mostrando un volto meno punitivo e poliziesco nei confronti dei suoi cittadini, risparmiando sui costi di recupero crediti; il cittadino “moroso”, a partire da quelli quelli in difficoltà economiche, regolarizzando la sua posizione fiscale, sentendosi coinvolto nella gestione del proprio comune e valorizzato nelle sue proposte di governance spesso ignorate; la comunità locale beneficiando della rigenerazione di spazi e strutture dismesse e godendo di un territorio più manutenuto; il territorio stesso e l’ambiente che, soprattutto alla luce dei perpetrati tagli operati dai Governi centrali alle casse comunali, potrebbero beneficiare della messa a frutto di risorse ed idee progettuali altrimenti non disponibili.

Ma ancor di più, si costruirebbe un’amministrazione distintiva che fa del protagonismo e della partecipazione dei cittadini l’architrave portante di un governo della città orientato alla lungimiranza e scevro da interessi particolari e tornaconti immediati.

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