In Italia 1 residente su 10 verte in condizioni di povertà assoluta

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Lo scorso 17 ottobre, Caritas italiana ha presentato il suo 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”.

Su giornali, radio e tv si è parlato molto del Rapporto, ma i dati citati dai principali media quasi sempre erano riferiti alle già note statistiche ufficiali sulla povertà (vedi Rapporto ISTAT “Condizioni di vita e reddito delle famiglie 2020-2021”). Meno attenzione è invece stata dedicata a quella che probabilmente è la parte più interessante del documento, ovvero i dati raccolti da quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas  presenti su tutto il territorio nazionale, oltre ai risultati di due indagini empiriche originali condotte in 10 Paesi europei da Caritas Europa e don Bosco International.

Provo a percorrere, in estrema sintesi, quanto emerge dall’indagine alla quale rimando per gli approfondimenti del caso:

I livelli di povertà non si riducono

Nel 2021 la povertà si è confermata ai suoi massimi storici toccati nel 2020. Le famiglie in povertà assoluta  sono 1.960.000, pari a 5.571.000 persone: il 9,4% della popolazione residente. Secondo il Rapporto ISTAT citato, il 20% della popolazione italiana è a rischio povertà, ovvero possiede un reddito inferiore a Euro 10.519, e 3.3 Milioni di nostri concittadini, pari al 5.6% del totale, verte in “grave deprivazione materiale”.

I più poveri sono: giovani; famiglie numerose, monoreddito e con stranieri; persone con bassi livelli di istruzione

Secondo le statistiche ufficiali i livelli di povertà continuano ad essere inversamente proporzionali all’età. La percentuale di poveri assoluti si attesta infatti al 14,2% fra i minori, è pari all’11,4% nella fascia 18-34 anni, all’11,1% per la classe 35-64 e ben al di sotto della media nazionale tra gli over 65, dove appena il 5,3% è in povertà assoluta.

Circa 1,4 milioni di minori si trova in povertà: dato che non dovrebbe stupire visto che tra il 2020 e il 2021 l’incidenza della povertà è cresciuta più della media soprattutto nelle famiglie con almeno 4 persone e in cui sono presenti bambini e adolescenti. La povertà aumenta anche nelle famiglie in cui la persona di riferimento ha un’età tra 35 e 55 anni, in cui sono presenti stranieri e dove c’è un solo reddito di lavoro.

Nel 2021 Caritas registra un rafforzamento della correlazione tra stato di deprivazione e bassi livelli di istruzione già evidente negli anni scorsi. Tra gli assistiti cresce infatti il peso di chi possiede al massimo la licenza media (dal 57,1% al 69,7%). 

I “nuovi poveri” rimangono percentualmente consistenti

Nel 2021 si è registrato un incremento del 7,7% del numero di beneficiari supportati dai Centri Caritas rispetto ai dati registrati nel 2020. Il rapporto tra uomini (50,9%) e donne (49,1%) è quasi uguale, mentre l’età media è di 45,8 anni.

La quota dei “nuovi poveri”, seppur in leggero calo rispetto al 2020 (il 44%), rimane consistente: il 42,3% dei beneficiari ha infatti fatto il primo accesso ai servizi Caritas nel 2021;

Metà stranieri e metà italiani

È interessante notare la nazionalità delle persone aiutate. Mediamente nel 55% dei casi si tratta di stranieri, ma con distribuzioni molto diverse a seconda dell’area del Paese che si prende in considerazione. Nelle regioni del Nord-Ovest e del Nord-Est si arriva a punte del 65,7% e al 61,2%, mentre nel Sud e nelle Isole sono pari solo al 31,7% e al 25,8%. Di fatto, sono soprattutto gli italiani a rivolgersi alla Caritas.

La povertà è multidimensionale

Risulta ancora marcato anche nel 2021 il peso delle povertà multidimensionali: nell’ultimo anno il 54,5% dei beneficiari del sostegno di Caritas ha manifestato due o più ambiti di bisogno (figura 3). Per Caritas le situazioni di multi-problematicità, in cui si sommano contemporaneamente due o più ambiti di bisogno, sono quelli in cui i percorsi di presa in carico risultano più complessi e difficili da concludere. Tra i bisogni registrati prevalgono quelli legati, appunto, a uno stato di fragilità economica, ma restano forti anche i bisogni occupazionali e abitativi, i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità) e le difficoltà legate allo stato di salute o ai processi migratori.

Il Reddito di cittadinanza raggiunge meno della metà dei poveri

Caritas nota anche come le proprie risposte coinvolgano molti percettori del Reddito di Cittadinanza, pari al 22,3% del totale (erano il 19,9% nel 2020). Tra gli italiani la percentuale di chi percepisce la misura si attesta al 33,4% (nel 2020 era 30,1%), tra gli stranieri raggiunge appena l’11,3% (era il 9,1% nel 2020). Secondo Caritas si tratta di un dato su cui riflettere. Dati alla mano, il Reddito di Cittadinanza raggiunge poco meno della metà dei poveri assoluti (44%) e solamente il 22,3% delle persone che si rivolgono alle Caritas 

Chi nasce povero, povero resta

Riflettendo di povertà intergenerazionale, il Rapporto cita anche uno studio OCSE (A broken social elevator? How to promote social mobility) in cui si sostiene che a chi proviene da una famiglia povera (collocata cioè nell’ultimo decile di reddito) potrebbero servire mediamente 4,5 generazioni per raggiungere un livello di reddito medio. In Italia questo è pari a 5 generazioni: un dato che risulta superiore ai Paesi Scandinavi ma anche a quelli del Mediterraneo, come Spagna e Grecia, più vicini a noi anche rispetto agli standard di povertà.

L’Italia è tra i Paesi UE con maggior diseguaglianza economica

Stando al Rapporto ISTAT, l’Italia si colloca al 20° posto, sui 27 Paesi UE, per livello di diseguaglianza tra poveri e ricchi. Infatti, l’Indice di Gini riferito agli indici economico-sociali rilevati nel 2021 nel nostro Paese è pari a 0,325 (Indice di Gini: trattasi di un numero compreso da 0 a 1, dove lo zero indica una situazione in cui tutti i cittadini hanno lo stesso reddito, mentre il valore 1 corrisponde alla situazione nella quale una sola persona percepisce tutto il reddito del Paese mentre tutti gli altri hanno reddito nullo. Più basso è il valore, più uniforme è la distribuzione della ricchezza– n.d.r.).

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