Cose nuove dal mondo

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In questi ultimi  mesi il nuovo scenario mondiale delle relazioni politiche ed economiche va via via delineando uno scacchiere globale alquanto modificato e in divenire.

Guardando ad alcuni dei più rilevanti accadimenti, da primo va rilevato il fallimento dichiarato delle trattative per giungere ad un accordo di libero scambio tra USA e Unione Europea – TTIP (Transatalantic Trade and Investment Partnership). Sovvertendo le speranze suscitate dalla sottoscrizione del trattato da parte di 12 Stati lo scorso mese di febbraio, le dichiarazioni dei massimi leader di Francia e Germania, e la stessa dolorosa ammissione del Presidente uscente degli Stati Uniti Barack Obama, che nel corso dei suoi due mandati molto si è prodigato per concludere l’accordo come da sua promessa elettorale, hanno ormai ridotto al lumicino le possibilità di giungere ad un risultato positivo. Chi, al contrario,  va fiero del fallimento è da sempre il candidato repubblicano alle prossime presidenziali USA Donald Trump che nel suo caratteristico stile estremo non ha esitato a bollarlo come “un altro disastro voluto e spinto da interessi particolari di chi vuole violentare il nostro Paese”. Un argomentazione alquanto popolare negli States tanto da far invertire rotta alla sua rivale democratica Hilary Clinton che da qualche settimana ha invertito rotta dichiarandosi anch’essa contraria all’accordo.

L’incrinatura dell’asse USA-UE in materia di scambi commerciali globali, che insieme detengono il 38% del loro totale a livello mondiale, ha fatto riemergere uno strabismo di altri tempi per il quale le due super potenze tornano a rivolgere le attenzioni a “vecchi” partner commerciali e strategici. Da un lato gli USA non nascondono le simpatie per il Presidente pro tempore brasiliano Michel Temer, insediatosi a seguito dell’impeachment dichiarato nei confronti della presidente democraticamente eletta Dilma Rousseff, tanto da scatenare le accuse dei movimenti politici, dei partiti e di parte della società civile brasiliani mosse a Washington per le presunte ingerenze sul verdetto del parlamento di Brasilia. Il recente rafforzamento delle relazioni e degli accordi bilaterali tra le due capitali d’oltre oceano, dopo l’immediato raffreddamento dei rapporti della presidenza Temer con gli Stati confinanti sin qui grandi alleati del Brasile,  rafforzano l’ipotesi di un ritorno ad un asse privilegiato rottosi a partire dal 2003 con l’avvento della presidenza Lula.  Dall’altro, i vertici della Unione Europea si sono affrettati a sottolineare il buon andamento dei rapporti con il Canada, in particolare Sigmar Gabriel, vice cancelliere e ministro dell’economia del governo Merkel,  ha tenuto a precisare i notevoli passi in avanti compiuti nel 2014 con la definizione del CETA – Comprehensive Economic and Trade Agreement – accordo che attende per la sua entrata in vigore l’approvazione parlamentare di tutti gli Stati membri UE, e contemporaneamente a spingere il negoziato per un trattato di libero scambio con Singapore.

A completare il quadro, viene in soccorso la recente intervista rilasciata sul n°26 di LINK, il bollettino ufficiale della UE – AFRICA Partnership, da Gary Quince, capo delegazione della Unione Europea presso l’Unione Africana sino alla fine di questo mese di settembre. L’alto funzionario, nell’editoriale che sa di “testamento diplomatico”, ha tenuto a evidenziare l’ottimo stato di salute dei rapporti tra Europa e Continente africano e, ancor di più, le enormi potenzialità di sviluppo che si otterrebbero con l’estensione ad altri settori dei benefici ottenuti con l’applicazione delle facilitazioni previste con gli EPA – Economic Partnership Agreements.

Anche al di fuori delle relazioni tra i tradizionali protagonisti dell’economia e della finanza globali gli scenari sono caratterizzati da rapidi e significativi mutamenti che, ancora su base bilaterale, sono provocati da nuovi protagonismi da parte delle potenze emergenti asiatiche. Al progetto di creazione di una Banca internazionale tra i BRICS, espressamente voluta quale alternativa e antagonista alla Banca Mondiale, oggi si vanno aggiungendo  le relazioni sempre più “amichevoli” tra Pechino e Nuova Delhi sempre più proiettate a sorpassare, entro il 2020, i volumi di scambi commerciali attualmente registrati tra Cina e USA.  La cooperazione sino-indiana all’interno della Banca dei BRICS, della Asian Infrastructure Investment Bank – la banca asiatica per gli investimenti infrastrutturali voluta dalla Cina alla quale oggi aderiscono 21 paesi asiatici – e del “Fondo per la via della seta” proiettano concretamente un nuovo scenario dove l’egemonia “occidentale” è definitivamente incrinata dal maggior potere decisionale, chiesto alle istituzioni esistenti e mai sostanzialmente ottenuto, rivendicato dai nuovi colossi economico finanziari affacciatisi sulla scena dei mercati mondiali.

Esprimendo una certa esultanza per la battuta d’arresto dei trattati commerciali transoceanici tra USA e UE, buona parte delle Organizzazioni i Società Civile vanno ribadendo la contrarietà agli EPA e agli accordi bilaterali, determinati da poteri negoziali troppo iniqui tra le parti, ma al contempo sbandierano, non senza una certa contraddizione, l’obiettivo raggiunto con il fallimento dei negoziati nella WTO. Da sempre in palese opposizione ai trattati di liberalizzazione del commercio, ma contemporaneamente inorridite dalla possibile elezione di Trump a presidente USA, la società civile europea non può che sperare nelle più recenti apertura ad un rafforzamento del dialogo con le istituzioni di Bruxelles suggellato dalla diffusione in queste settimane di un sondaggio veicolato da un questionario pubblicato sul web dalla Commissione europea. La speranza di un sostanzioso sfruttamento, anche da parte italiana, di questa opportunità dovrebbe altresì riproporre una riflessione sulle conseguenze del fallimento degli accordi commerciali multilaterali, in primis il Doha Round della Organizzazione Mondiale per il Commercio, che come ribadiscono i fatti più recenti riportano inevitabilmente ad un bilateralismo mosso dagli interessi dei potentati economico finanziari internazionali del quale a farne le spese, comunque andranno le cose, saranno ancora una volta le popolazioni povere dei Sud del mondo.

(articolo pubblicato su Repubblica.it)

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