Un tribunale indipendente per il debito dei poveri

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Dal 10 al 12 ottobre scorsi si è tenuta la seconda “Conferenza mondiale dei popoli sui cambiamenti climatici e la difesa della vita”. Centinaia di delegati dei principali movimenti popolari dell’America Latina e rappresentanti di organismi non governativi degli altri continenti si sono riuniti a Cochabamba, Bolivia, in vista della prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà a Parigi il prossimo mese di dicembre.

Le proposte, unitamente alle unanimi critiche per l’irresponsabile inefficacia delle misure adottate dai governi del mondo per lottare contro i mutamenti del clima e arrestare le loro conseguenze su ambiente e persone, sono state raccolte in un documento finale che, elemento di significativa novità, sarà portato alla Conferenza ONU e sostenuto da alcuni dei Capi si stato intervenuti all’incontro.

Evo Morales, Rafael Correa e Nicolas Maduro, rispettivamente Presidenti di Bolivia, Ecuador e Venezuela, si sono pubblicamente impegnati a portare a Parigi le conclusioni del vertice popolare e, in particolare, a sostenere la richiesta per l’istituzione di un Tribunale Internazionale per il debito. Tale proposta, che da molti anni è avanzata da diverse organizzazioni non governative, prevede la designazione di personalità indipendenti per la rivalutazione dei debiti contratti dai Paesi più poveri in virtù del fatto che sino ad ora, incredibilmente, la quantificazione dell’ammontare aggiornato dei debiti, dei loro interessi e della tempistica di restituzione sta unicamente nelle mani dei Governi dei Paesi creditori. Situazione più unica che rara, quella in cui a dirimere le controversie tra contendenti sia una delle parti coinvolte, questo modo di affrontare la questione debitoria dei Paesi poveri ha ormai raggiunto livelli di inaccettabilità da parte di alcuni dei Governi dei Paesi debitori tra i quali, da tempo, quelli di Bolivia ed Ecuador sono i capofila di uno schieramento sempre più nutrito.

Perché proprio alla conferenza di Parigi? perché moti dei Paesi dei sud del mondo rivendicano un credito “ecologico” che ritengono derivare dall’enorme sfruttamento di risorse naturali perpetrato da secoli e “gratuitamente” da quelli ricchi. Una ulteriore questione da Tribunale imparziale.

Il buon senso e la ragionevolezza, prima ancora della giustizia, che sottendono questa iniziativa dovrebbe condurre la comunità internazionale riunita nelle Nazioni Unite a infrangere definitivamente questo modus operandi che ripropone schemi di sudditanza unilaterale di coloniale memoria.

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