Integrazione si, cooperazione no.

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Il positivo duplice risultato conseguito con il precedente Governo Monti, la creazione di un Ministro per la cooperazione associato alla problematica dell’integrazione degli stranieri, ha avuto la durata di un solo anno.

Ora, con il Governo Letta, si torna all’assetto più tradizionale per il nostro Paese per il quale la cooperazione internazionale viene incorporata al Ministero degli Affari Esteri. Contrariamente a molti altri paesi UE che da sempre hanno un vero e proprio Ministero  competente per la cooperazione, infatti, in Italia sin dalle sue origini a metà degli anni ’60, la cooperazione allo sviluppo è sempre stata di competenza della Farnesina. Di certo, i tentennamenti delle rappresentanze delle ONG italiane che non hanno mai trovato la determinazione necessaria per assumere una posizione netta in materia di collocamento della cooperazione e l’assenza di reattività alla notizia dell’incarico di Enrico Letta hanno consegnato alla volontà del Premier la decisione.

Le prime dichiarazioni della neo Ministro per l’integrazione Cécile Kyenge Kashetu, primo ministro africano nominato in Italia, secondo la quale si deve “avere il coraggio di dire che il Ministero di Riccardi è stata una grande delusione sia sul versante cooperazione internazionale, sia su quello dell’integrazione”, frase pronunciata in campagna elettorale in una serata in quel di Lecco, hanno probabilmente fatto il resto.

Ora le ONG chiedono alla Ministro Bonino di nominare un Vice Ministro per la cooperazione internazionale come fu per il Governo Prodi quando nominò a questa carica l’on. Patrizia Sentinelli. Una soluzione ancora da molti privilegiata, ma che speriamo si completi con due clausole determinanti per la sua efficacia: quella che il/la Vice Ministro partecipi di diritto alle riunioni del Consiglio dei Ministri, e che sia individuato tra i componenti di un partito “di peso”. Solo  così, infatti, si potrà recuperare quello svantaggio insito nella mancanza di un Ministro o di un Ministero dedicato al quella che da sempre resta una delle competenze più deboli  della politica estera del nostro Paese.

(articolo pubblicato su Vita.it)  

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