FAO: più fondi all’agricoltura e meno spreco di cibo

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La FAO ha presentato oggi il Rapporto “Lo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura” con il quale, ogni anno, l’agenzia delle Nazioni Unite presenta i dati, le problematiche e le prospettive per rendere efficace la lotta alla fame nel mondo.

I dati sono eloquenti: il miliardo di piccoli agricoltori attivi nel mondo investono ogni anno 170 miliardi di dollari nelle proprie aziende e nel miglioramento delle terre da loro coltivate. Una quantità di risorse quattro volte superiore a quanto destinato all’agricoltura dal settore pubblico e 50 volte all’intero Aiuto Pubblico allo Sviluppo destinato ai loro Paesi. Nonostante si dimostri chiaramente come i piccoli produttori agricoli siano i maggiori investitori e, soprattutto, il maggior capitale disponibile per lottare contro la fame ed accrescere la produzione di generi alimentari e la risorsa più efficace per sostenere le economie dei Paesi e dei nuclei familiari, gli investimenti pubblici in agricoltura continuano a stagnare su percentuali quattro volte inferiori a quanto allocato al settore negli anni ’80.

Sebbene il rapporto ammetta che “vi sono segnali che le cose stanno migliorando” al tempo stesso denuncia senza mezzi termini come “per sradicare la fame in queste e in altre regioni, e raggiungere questo obiettivo in modo sostenibile, occorrerà un incremento sostanziale del livello degli investimenti agricoli e un deciso miglioramento sia nel livello che nella qualità degli investimenti pubblici nel settore”.

Ma c’è un altro problema che oggi impedisce, nonostante produzioni sufficienti, di sfamare la popolazione mondiale: l’enorme spreco di cibo che viene registrato soprattutto nei Paesi ricchi. Sale infatti a ben 680 miliardi di dollari la stima che la FAO attribuisce al cibo che finisce ogni anno nelle pattumiere dei paesi occidentali e 310 miliardi quelli relativi ad alimenti che fanno la stessa fine  nei Paesi in Via di Sviluppo.

Dati allarmanti che impongono una urgente revisione delle politiche e delle strategie delle istituzioni, ma anche un altrettanto necessario e rapido cambiamento degli stili di consumo e di vita di noi tutti.

(articolo pubblicato su Repubblica.it)

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