Il benessere va oltre il PIL

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Tra i pochi risultati conseguiti con la Conferenza sullo Sviluppo Sostenibile di Rio+20 senz’altro si può annoverare l’avvio di un percorso di ricerca per il superamento del PIL (Prodotto Interno Lordo) quale unico parametro di  misurazione della ricchezza.

Molto tempo è passato da quando per la prima volta si è pubblicamente criticata l’esclusività di questo indicatore. Fu già nel 1968, infatti, che Robert Kennedy affermò che “il PIL non misura ciò che rende la vita degna di essere vissuta”. Da allora, molte realtà di società civile hanno sostenuto questa battaglia. Oggi, a distanza di quasi mezzo secolo, la comunità internazionale, quella accademica ed economisti di varia estrazione riconoscono che il set di indicatori da utilizzare per stabilire quanta “ricchezza” viene prodotta in un Paese e quanto “benessere” può godere la sua popolazione.

Sono 134 gli indicatori inseriti nel calcolo del BES (Benessere equo e sostenibile) messo a punto dal Comitato di indirizzo istituito nel 2010 da CNEL e ISTAT per completare le deficienze del PIL basato, come noto, unicamente sugli indicatori economici. Questi nuovi indicatori, infatti, spaziano dalla qualità dell’ambiente a quelli dell’istruzione, dalla salute ai servizi, dal patrimonio culturale alla efficienza delle istituzioni politiche e sociali. Una panoplia di settori e di campi di interesse che riguardano da vicino le diverse e variegate variabili che incidono direttamente sulla qualità della vita delle persone. Un lavoro importante reso possibile dal forte contributo di esponenti della società civile e che oggi finalmente trova i primi riscontri ufficiali. Per avviare una nuova epoca di considerazione del benessere dei cittadini al di là del loro reddito economico e fondato su di una visione della vita più corrispondente alla quotidianità di ogni individuo che, tutti lo abbiamo sperimentato, è ben più complessa ed articolata della sola dimensione economica.

(Articolo pubblicato su Repubblica.it)

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