La sacralità della vita di un criminale

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Le speranze di aver ottenuto la resa finale anche di ciò che restava dei fedelissimi di Gheddafi indotta dalla morte del Rais, si adombrano del dubbio dell’ennesimo atto di violenza perpetrato nei confronti di chi, dopo la cattura, doveva essere considerato un prigioniero di guerra. Le smentite del CNT e le precisazioni in merito al non aver impartito l’ordine di esecuzione non tolgono del tutto le perplessità.

Lo avevamo già denunciato in un precedente articolo quando prendevo le distanze dai metodi violenti, corrotti delle “forze ribelli” del tutto assimilabili per quanto attiene a certi comportamenti al regime sanguinario del dittatore che combattevano.

La vita è sacra: ciascuna, tutte, sempre, in qualunque circostanza. Anche quella dei peggiori criminali. Nessuna ragione, tanto meno quella di stato, può ammettere la sua dissacrazione e la violazione del primo fondamentale diritto umano. Forse una presa di posizione della Chiesa sarebbe occasione per ribadirlo.

Il silenzio o l’imbarazzo delle dichiarazioni dei politici di tutto il mondo, ivi comprese quelle di Obama – Premio Nobel per la pace – provoca preoccupazione e fastidio.  Lo ribadisco: la ragion di stato non deve prevalere sulla sacralità della vita, sia essa di singoli sia essa di intere popolazioni.

La logica della guerra, della violenza e della forza va sradicata senza esitazioni. Anche quando l’atto di violazione di una vita umana può preludere ad una nuova stagione democratica.

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